Ok, quello degli eSports e quello olimpico magari sono due mondi inconciliabili destinati a non incrociarsi mai, ma dire che l’eSports, per come è fatto ora, non è paragonabile allo sport, a una prima analisi potrebbe significare solo una cosa: ignoranza e ottusità. La battuta, riportata qualche settimana fa, è stata pronunciata da Alfons Hörmann, presidente del Dosb, il Comitato nazionale olimpico tedesco, e anche se poi parzialmente mitigata tramite il profilo Twitter ufficiale del Comitato olimpico stesso asserendo che “la dichiarazione è stata sintetizzata e non contestualizzata”, ha comunque lasciato il segno.
Pare infatti che Hörmann abbia solo dichiarato che gli eSports non possono essere ritenuti uno sport, poco cambia. E ciò significa ignoranza perché denota il fatto che il Comitato olimpico (tedesco, in questo caso, ma la linea, in generale, è la stessa) non tiene conto di cosa significa essere un pro player oggi, di cosa significa fare eSports oggi, della preparazione (fisica e mentale) prima e dello stress all’avvicinarsi della competizione, della responsabilità richiesta nei confronti di un team e di una community, e soprattutto dell’audience, del pubblico, che gli eSports sanno richiamare attorno a sé. Ignorare questo, a inizio 2019, è piuttosto grave, in Germania. È piuttosto grave nella patria di Mercedes-Benz, Bmw e di Puma che sponsorizzano abbondantemente eventi eSports, ma anche di eSports1, il primo canale tv dedicato H24 agli eSports, e della Esbd, una delle prime “Federazioni” esportive in Europa.
E spiega a pieno il perché una battuta del genere potrebbe significare anche ottusità! Perché un fenomeno come quello degli eSports, ormai così diffuso a livello mondiale, ormai così organizzato (anche se molto resta da fare, soprattutto in alcuni paesi, come l’Italia ad esempio), ormai capace di smuovere fiumi di denaro e attirare attenzioni sempre crescenti, per chi invece si occupa di sport tradizionali (in forte crisi di pubblico e senza più appeal sui giovani), dovrebbe essere motivo di attenzione, se non quantomeno di rispetto. Dire che gli eSports non esistono come sport e che è più sport lavorare a maglia potrebbe essere inteso come un disconoscere il problema e, quantomeno, ammettere apertamente la propria incapacità: come mai i giovani non seguono più gli sport tradizionali se l’alternativa che li attiva molto di più non esiste?
Insomma, più che una approfondita disamina del fenomeno, quella di Alfons Hörmann, che peraltro rinnova e inasprisce la posizione del Dosb espressa chiaramente qualche mese fa, sembrerebbe più il rabbioso colpo di coda di un gruppo di burocrati di una generazione ormai anziana, compassata, incapace di decodificare la realtà e di programmare con lungimiranza il futuro.
Ma c’è un’altra domanda, anzi due, che sorgono spontanee. Se gli eSports non sono un problema, perché denigrarli? Perché dire che non esistono, paragonarli al lavoro a maglia (che anzi, per Hörmann avrebbe anche più diritti di vedersi riconoscere come sport)… L’atteggiamento sembra quello di chi ha timore nei confronti di un nemico sconosciuto o incomprensibile con gli strumenti culturali che ha disposizione. Un atteggiamento di paura nei confronti di un fenomeno che potrebbe rubare la gallina dalle uova d’oro di tante federazioni sportive (leggi sponsor e, forse col tempo, diritti tv), ecco che affermare da un trono istituzionale che il nemico “non esiste” è un po’ come lanciare un chiaro messaggio a chi (aziende sponsor) magari sta drizzando le antenne verso altre direzioni.
Diciamola tutta: Hörmann e soci non sono né ignoranti né ottusi, e un’approfondita disamina del fenomeno eSports, da parte loro, è in corso da tempo. Dietro le dichiarazioni pungenti si nasconde probabilmente molto altro. Gli eSports hanno già dimostrato (e dichiarato più volte attraverso qualche illustre esponente) che podio olimpico non è un must, e che nemmeno puntano (nel senso di “non lo fanno intenzionalmente”) portare via pubblico agli sport tradizionali. Sono solo un nuovo tipo di divertimento attorno al quale sono nati tornei, pro player, organizzazioni e orde di fan che si divertono un mondo. ol il Molto probabile, dunque, che il problema vero, sia solo nascosto in notizie come questa: McDonald’s ‘abbandona’ la Germania a causa degli eSports.