Il director of game production di Valorant parla di passato e futuro dello sparatutto di Riot Games.
In soli due anni di vita lo sparatutto di Riot Games è cresciuto esponenzialmente, sia come gioco casuale sia come esport. Questa crescita è da attribuirsi all’ideazione di un piano ben preciso per la pubblicazione di nuovi contenuti in gioco e alla creazione di nuovi modi di coinvolgere la community di Valorant a prendere parte alla sua scena competitiva.
Ma Valorant non è sempre stato il gioco che conosciamo oggi. Il team di Riot ha percorso un lungo viaggio di esplorazione che li ha portati a valutare diverse opzioni di ambientazione e stili di gioco prima di arrivare ad ottenere lo sparatutto in prima persona (Fps) a cui siamo abituati.
Abbiamo avuto l’occasione di intervistare Arnar Hrafn Gylfason, Director of Game production per Valorant, riguardo la creazione del primo Fps di Riot Games e la sua ideazione come gioco improntato per diventare un esports, trattando anche il futuro di Valorant
Che aspetto aveva Valorant nelle prime fasi di esplorazione?
Valorant ha avuto molte sembianze nel corso dello sviluppo, ma lo abbiamo sempre percepito come lo sparatutto che è oggi. Sebbene abbiamo esplorato diversi approcci, diversi tipi di tematiche e diversi look per lo stile artistico, il nucleo del gioco è sempre stato quello di creare uno sparatutto tattico cinque contro cinque. E questo non è mai cambiato. Ho lavorato al progetto per circa cinque anni e mezzo, ma anche se penso a quando sono entrato nel progetto, posso vedere ancora, per l’80 percento, lo stesso nucleo dello sparatutto che abbiamo oggi, ma con un aspetto leggermente diverso.
Quali erano le altre ambientazioni che avete esplorato nelle fasi iniziali?
Oh abbiamo provato di tutto. Ce ne erano alcune molto stravaganti, altre molto cupe e oscure, brutte, cupe. E nessuna si è mai adattata all’atmosfera di Valorant che è invece è un gioco con colori vibranti, molto colorato e strano a dirsi, ma è un gioco molto allegro e gioioso. Così, quando abbiamo trovato l’IP che stiamo usando oggi, quello di Valorant come lo conosciamo, è scattata la molla.
Quali sono le implicazioni della progettazione di un gioco incentrato sul lato esport?
Una delle cose a cui dobbiamo prestare attenzione è che vogliamo che Valorant sia colorato e vivace. Allo stesso tempo, dobbiamo stare molto attenti a mantenere l’integrità competitiva del gioco, a non rendere accidentalmente difficile la visione di certi agenti su certi sfondi, o a rendere un po’ offuscato l’uso di certe abilità per quanto riguarda l’aspetto o il suono. Per questo motivo, ogni filosofia di progettazione parte da qui: mantenere la sacralità del gioco competitivo e dello sparatutto tattico ed il tipo di gameplay da sparatutto tattico che vogliamo. Quindi cerchiamo di capire come superare i limiti di ciò che possiamo fare all’interno del gioco in termini di colore, di saturazione e di suoni, e spesso è una linea delicata da tracciare. Ma credo che finora abbiamo fatto un buon lavoro per mantenere la piena sacralità di uno sparatutto competitivo e dell’integrità competitiva del gioco pur trovando il modo di renderlo molto vivace. E credo che continueremo a spingere questo limite il più possibile. Ma la nostra priorità sarà sempre quella di mantenere l’integrità competitiva del gioco.
Hai lavorato a Valorant per cinque anni, quanto è avanti nel futuro è il vostro programma di creazione? Per esempio, in questo momento avete già preparato il prossimo agente o la prossima mappa?
Abbiamo già in cantiere molte idee di agenti e di mappe per il futuro, e abbiamo una tonnellata di idee per funzioni, contenuti e cose divertenti da implementare per i giocatori. Si tratta solo di metterle a punto, di iterarle e di sviluppare, di assicurarci che escano in un buon momento, di assicurarci che rispettino tutti i nostri standard, l’integrità competitiva e che funzionino molto bene. Abbiamo una macchina con specifiche medie molto basse, quindi dobbiamo assicurarci che tutto funzioni senza problemi. Per questo motivo, gran parte degli sforzi di sviluppo sono volti ad assicurarsi di non rompere il gioco introducendo elementi nuovi e interessanti. Ma abbiamo in serbo molte, molte cose divertenti per un lungo periodo di tempo.
Quindi, quando si crea una nuova risorsa, che sia una mappa o un agente, quali sono i fattori legati agli esports da tenere in considerazione?
Direi che non si tratta nemmeno di ciò che è legato agli esports. Il gioco è lo sport, non è l’uno o l’altro. Per noi è la stessa cosa. Non si può creare il gioco e poi pensare a come funziona negli esports, dobbiamo pensare sempre in modo olistico, perché per noi l’esports è solo un riflesso del più alto livello di gioco competitivo. Non è uno spettacolo che viene messo in scena e che è diverso dal gioco che i giocatori giocano. Quindi per noi si tratta di rendere Valorant il miglior gioco possibile secondo i principi di progettazione e la visione creativa che abbiamo. E abbiamo scoperto che è anche un ottimo esport, ma non creiamo contenuti di gioco per l’esport o per i giocatori. È tutto un singolo gioco. E quello che vedete oggi sul palco del Masters è solo la massima manifestazione di Valorant.
Parlando di risorse di gioco, avete già rotto ogni frontiera con Fracture e la sua particolare struttura. Quindi, pensando agli agenti, ci sono alcune cose che non potete implementare nel gioco perché sarebbero troppo forti? Come, ad esempio, un’abilità finale che uccide tutti?
Sì, quella sarebbe una di quelle. Voglio dire, ci sono tonnellate di cose che credo, almeno oggi, non abbiano senso nel gioco. È difficile pensarci, perché al momento non hanno senso, ma ci sono sicuramente dei limiti che non siamo disposti a superare. Ci sono alcuni limiti all’interno delle nostre mappe, per esempio, che non possiamo infrangere. Per esempio, non si può mai creare un agente.. o almeno, io dico mai, ma mai nei confini odierni, creare un agente che si alzi in volo e sia in grado di guardare tutta la mappa e avere linee di vista ovunque. Perché le nostre mappe sono fatte in modo specifico per l’idea di verticalità nel nostro gioco. Perciò non possiamo rompere questo aspetto, ad oggi. È una cosa che potremo esplorare in futuro? Forse, ma il gioco così com’è oggi è molto ben strutturato in termini di ciò che si può vedere, di informazioni che si possono raccogliere e di informazioni che non si possono raccogliere. Quindi, rompere alcuni di questi confini significherebbe rompere radicalmente il concetto di gameplay del gioco che abbiamo oggi.
E all’interno di questi confini, ci sono state alcune caratteristiche, anche nelle prime fasi di creazione, che avete dovuto ripensare perché si spingevano troppo oltre?
Sì, a volte ci spingiamo troppo oltre. Ed è un bene che ci spingiamo oltre, soprattutto nelle prime fasi di ideazione. È salutare spingersi troppo in là e dire: “Oh, no, questo è davvero troppo, non facciamolo”. Ma questo crea un confine più forte per noi e un apprendimento più coeso per il team che può dire: “Bene, ora sappiamo quali sono i confini”. E non dobbiamo nemmeno più pensarci, perché diventano parte integrante del nostro modo di progettare e sviluppare il gioco.
E a proposito di agenti, a pensarci tutti gli agenti hanno abilità che sono simili tra loro, come flash e smoke, e anche se sono agenti diversi le caratteristiche fondamentali sono le stesse. L’agente che spicca in questo discorso è Sage, che per ora è l’unica in grado di creare qualcosa di solido all’interno del gioco. Avete intenzione di aggiungere altri agenti che possano avere questa caratteristica?
Posso dire che abbiamo giocato con altre abilità che creano oggetti solidi nel mondo di Valorant, oggetti frangibili, ma solidi. Ma mi fermo qui, non dirò nemmeno se le stiamo ancora esaminando oppure se sono già pronte.