Need For Speed compie 30 anni: l’intervista agli sviluppatori

Per i 30 anni di Need For Speed EA ha organizzato una chiacchierata con chi ci lavora da decenni per parlare del passato e del futuro.

Il 2 dicembre 1994 il primo Need For Speed faceva il suo debutto in Europa dando inizio a una saga che avrebbe cambiato per sempre il mondo delle corse. Tutti ricordano con diversi gradi di nostalgia i due capitoli più iconici, Underground e Most Wanted, ma la saga è riuscita in 30 anni a innovarsi e a lasciare un segno indelebile sul mondo dei videogiochi automobilistici. Il tuning, il NOS, la polizia e quel livello di rischio sempre più elevato sono gli elementi più distintivi di questa serie e hanno catturato generazioni di appassionati che con Unbound, l’ultimo capitolo del franchise, li hanno ritrovati come vi raccontiamo nella nostra recensione.

Per l’uscita del nono volume di contenuti, che contiene la prima modalità PvPvE del gioco, introduce le motociclette e mette come ricompense ben 14 auto direttamente dalla Blacklist di Most Wanted; EA e Criterion hanno organizzato una chiacchierata con gli sviluppatori che lavorano al franchise da 10 o 20 anni e che hanno raccontato la loro visione per il futuro del gioco.

Quali sono stati i contributi più importanti di Need For Speed al genere delle corse automobilistiche?

John Stanley, creative director di Criterion Games: “Need For Speed è uno dei franchise di maggiore successo di sempre: Underground è stato il suo momento chiave e da allora non abbiamo smesso di correre dei rischi, questo è ciò che ci distingue dal resto dell’industria. Nessun altra esperienza di corse automobilistiche ha la stessa energia di Need For Speed tra inseguimenti con la polizia e quel senso di libertà associato al rischio. In questo crediamo di aver lasciato un’impronta.

Cosa è rimasto costante su Need For Speed in questi anni e cosa lo rende iconico?

Stanley: “Mi sono fatto questa esatta domanda negli ultimi 3 anni e parlandone internamente abbiamo trovato tre pilastri: il contesto (perché il giocatore va, modifica, esplora e fa) restando sempre autentici nei confronti della cultura automobilistica contemporanea; il secondo è la customizzazione, che è stata il nostro principale perno di innovazione ed è la frontiera che continuiamo a esplorare; e il terzo sono le conseguenze: il rischio, le ricompense, i poliziotti, la tensione e la sfida che spinge ad accumulare ricompense migliori al prezzo di poterle perderle tutte.

Come ha fatto il franchise a restare rilevante per questi 30 anni?

Justin Wiebe, producer di Most Wanted: “La traiettoria della saga ha avuto i suoi dossi, il suo cardine, però, è da sempre l’accessibilità: è semplice da avvicinare, emozionante e unica. Ti fa sentire un figo alla guida, è al passo con i tempi e ti permette di esprimerti, quando anche solo una di queste cose è mancata dai giochi, il franchise ha sofferto”.

Cosa rende Underground e Most Wanted I più iconici della serie?

Wiebe: “In pochi sanno che io sono il tredicesimo nella black list, Taz, perché l’attore che avevano scelto non si è presentato per lo shooting così hanno preso me per mettermi nel gioco. È stato davvero divertente perché non sapevamo di avere una hit tra le mani, c’era il drag racing, nuovi modi di giocare, nuovi modi di competere con il drift e li abbiamo mescolati con tutte le customizzazioni. Eravamo pionieri allora e tutti erano coinvolti nella visione.

L’altro pilastro di Most Wanted è che è stato il più ‘illecito’ mai fatto fino a quel momento. Lì i poliziotti sono estremamente minacciosi e le conseguenze terrificanti. All’epoca prendere le macchine dei giocatori e metterle sotto sequestro sembrava una follia ma me lo hanno fatto fare ed è stato un’aggiunta davvero emozionante al gameplay. La narrativa, il gameplay e la progressione sono tutte collegate: il gioco è perfettamente coeso, un unicum nel mondo del racing di allora”.

Come è cambiato lo sviluppo delle macchine nel corso degli anni?

Frankie Yip – senior vehicle artist: “Si è fatto incredibilmente più complesso, tanto per le evoluzioni della tecnologia quanto per le aspettative dei giocatori. Le macchine sono sempre più dettagliate e ognuna ha una montagna di contenuti. Se un veicolo ha 3 bodykit, questo vuol dire progettare 20 componenti in totale: permettere al giocatore di mescolarli è una sacco di lavoro perché ci sono pannelli da allineare e spaziature da aggiustare, questo significa che dobbiamo fare a mano ogni combinazione. l totale, alla fine diventa più di 100 auto diverse ma permette al giocatore di avere migliaia di opzioni di personalizzazione. Questo è il motivo per cui all’inizio si poteva equipaggiare un solo bodykit intero alla volta”.

Come si mantiene il design di una macchina autentico e come è cambiato il rapporto con i produttori?

Bryn Alban – vehicle art director: “Dal punto di vista dell’autenticità, io mi sono costruito una Skyline nel mio tempo libero e quel processo è ciò che mi aiuta a sviluppare il gioco. Siamo nella cultura automobilistica, usiamo i brand e li conosciamo, per questo siamo fiduciosi quando li mettiamo. Le relazioni con i marchi cambiano in base a chi li guida e a volte vanno e vengono. BMW e Nissan, per esempio, sono estremamente collaborativi e vogliono lavorare con noi. La macchina più iconica del franchise, per esempio è la BMW M3 di Most Wanted, i giocatori la amano alla follia”.

Come Need For Speed ha influenzato la cultura automobilistica?

Alban: “Noi siamo influenzati immensamente dalla cultura automobilistica e abbiamo scoperto negli anni che siamo in grado di influenzarla a nostra volta. Le auto tributo alla Mercedes di A$AP Rocky che abbiamo fatto per Unbound sono già diverse, per esempio. Quando sono arrivate le personalizzazioni con la tuner culture della metà dei 2000 abbiamo capito che lì sarebbe stata la nostra identità. Il prossimo passo è far tornare la customizzazione degli interni”.

Cosa è cambiato di più nel gameplay di NFS e qual è la sfida più difficile che vi trovate davanti?

Wiebe: “Il franchise è stato così tante cose diverse che è difficile decidere anche solo a quale periodo ritornare. Capire cosa NFS rappresenta per i giocatori è difficile perché è stato tantissime cose ma crediamo di esserci vicino. Quello che cerchiamo di fare è avvicinarci ai desideri e alle aspettative dei giocatori ma fare l’nfs perfetto è impossibile. Fare qualcosa che piaccia a tutti lo rende troppo generico: il segreto è essere spietati con la propria visione e scommettere sulle buone idee”.

Come si aggiunge qualcosa di nuovo a un franchise così storico?

Yip: “NFS non è mai rimasto uguale a sé stesso: l’arrivo dell’open world, il focus sull’illegalità, lo spostamento sul circuito, la reimmaginazione dei rivali, la customizzazione, l’azione, il rischio e il sistema del calendario di Unbound  sono solo esempi di ciò che si può fare. NFS è sempre più avanti dei tempi e anche se la ricezione non è ottimale al lancio, sappiamo dai forum che tutti i nostri giochi hanno community grandi e piccoli di appassionati e fedelissimi”.

Perché avete scelto il modello live service per Unbound?

Stanley: “Perché nel mercato non vedevamo un vero contendente per un gioco di corse capace di creare un’esperienza a cui i giocatori volessero ritornare costantemente. Abbiamo sviluppatori appassionati e crediamo di esserci riusciti perché siamo stati capaci di aggiungere (e il Volume 9 ne è l’esempio) sia quelle cose, amate dai giocatori che mancavano all’uscita, sia cose completamente nuove come le moto o l’esperienza PvPvE”.

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