I computer del Parlamento italiano non conoscono gli esports. Durante la discussione alla Camera sulle linee generali in materia di Ordinamento sportivo, ieri a Roma, è emerso che per un mero errore tipografico, il testo dell’emendamento 5.22 (ex 4.16) presentato dal deputato di Fratelli di Italia, Alessio Butti presentava la parola sport anzichè eSports. Un errore banale ma sufficiente a rallentare l’iter rendendo necessaria una correzione, portando poi al ritiro dell’emendamento. Probabile che il correttore ortografico, di fronte a cotal parola, astrusa e mai pronunciata in tra quelle onorevoli mura, abbia deciso di sua sponte, gabbando non solo chi è stato incaricato di redigere il testo, ma anche i titolari dell’emendamento.
Così è accaduto che, durante la discussione che ha comunque attirato nuova attenzione e nuove curiosità sulle competizioni videoludiche nello Stivale, si è rivelata necessaria una rettifica al testo: “Al comma 1, dopo la lettera l) aggiungere: “l-bis: individuazione della figura del lavoratore nell’ambito degli sport e definizione, nell’ambito dell’ordinamento sportivo, della relativa disciplina in materia assicurativa, previdenziale e fiscale e delle regole di gestione del relativo fondo di previdenza. Dunque sostituire la parola sport con eSports“.
L’emendamento Butti, che prendeva il nome dal suo principale sostenitore (assieme a Mollicone, Frassinetti, sempre esponenti di FDI), era un disegno di legge che prevede nuove deleghe al Governo e nuove disposizioni in ambito di ordinamento sportivo, di professioni sportive nonché una semplificazione normativa che includeva finalmente anche il mondo esports.
Avrebbe potuto essere una novità assoluta per il mercato italiano degli sports minori e degli esports, ambiti nei quali molti “diritti” degli atleti (spesso si tratta di semi-professionisti o di player difficilmente inquadrabili legalmente) non sono riconosciuti a pieno. Da qui l’impegno di Butti, Mollicone e Frassinetti che mirava a fare “chiarezza” in questo nuovo universo e dar finalmente qualche certezza in più a chi si occupa di sport elettronici. Purtroppo il destino ha voluto che ci si mettesse di mezzo una lettera, una “e” per la quale in Italia non siamo ancora preparati.