Il suo nome è Gabriel Weiss, ma tutti lo conoscono come Gabby16bit, mattatore dell’omonimo canale YouTube specializzato in gameplay sui giochi indie. Seguitissimo, soprattutto dai più giovani, da poco è diventato anche autore di libri sempre sul tema del videogioco.
1) Com’è nata la tua passione per i videogame?
Io gioco da quando avevo tre anni, grazie anche a mio padre che era un po’ un gamer. Sono entrato nel mondo dei videogiochi attraverso Quake, uno dei primi che ho giocato in multiplayer con mio padre, poi Prince of Persia e alcuni vecchissimi, quasi sconosciuti. Ma forse uno dei giochi che più mi ha catapultato in questo mondo è stato il primo Halo. Tutti questi titoli hanno contribuito molto ad aumentare la mia passione, essendo giochi che reputavo molto belli e divertenti, e mi hanno convinto a rimanere videogiocatore.
2) Come mai ti sei specializzato in videogame indie?
Perché a quei tempi guardavo YouTube, seguivo alcuni Youtuber come PewDiePie, Markiplier, e mi hanno fatto venire la passione. Loro giocano molto ai videogame indie e anch’io ho voluto provare. In Italia c’era un altro Youtuber chiamato Dukepool, che faceva tanti giochi indie. Guardarli mi piaceva, così mi sono detto: “Ma perché non provare anch’io? È una cosa che mi piace, sembra divertente, e fin da piccolo mi piaceva mostrare ai miei amici quando giocavo. Perché non farlo anche con un pubblico più ampio?”
3) Ed è così che ha avuto origine l’idea di creare un canale YouTube tutto tuo…
Esatto. Sono partito così, un po’ come un hobby, una cosa inaspettata, fatta un po’ per passatempo. E dopodiché è diventato sempre più un lavoro.
In questo video una folla di piccoli fan attende che Gabby16bit salga sul palco del festival “Dall’altra parte del mare”, ad Alghero.
4) Hai molti follower. La fascia d’età che ti segue di più qual è?
La maggior parte sono bambini dagli 8 ai 12, diciamo anche i 15 anni. Sui grafici del mio canale son segnati dai 14 ai 18. Però non è detto che sia sempre vero, perché tanti tendono a mettere nell’account “maggiorenne” per superare varie limitazioni poste da YouTube.
5) Quando hai iniziato hai mai pensato di ottenere tutto questo successo?
Certamente la partenza è stata fatta così, per provare: non avevo nulla di grande in mente. Però in tutto l’arco di questo periodo di YouTube ho sempre cercato di credere in me stesso: quando facevo le cose ci credevo, pensavo che avrei potuto raggiungere dei buoni risultati se mi fossi impegnato.
6) Qual è il tuo videogame preferito?
Il mio videogame preferito è un gioco che conoscono in pochi, almeno il primo. È molto famoso in generale, ma in Italia vedo che non lo conoscono in tantissimi: è il primo Deus Ex, un gioco in stile cyberpunk. Purtroppo è poco conosciuto, però ci rigiocherei volentieri ogni volta. È veramente un bel gioco, con una trama molto accattivante.
7) Ora sei anche autore di un libro che si intitola “Game Over”: di che cosa parla?
“Game Over” parla di un ragazzo che viene rapito da una persona. Non voglio spoilerare troppo, però questa persona mi mette dentro un mondo virtuale. La premessa di questo libro è entrare nei videogiochi, che penso per tutti gli amanti sia la cosa più bella. Adesso possiamo in un certo senso entrare nei videogiochi attraverso i caschi virtuali, che stanno sempre più prendendo piede. Quindi l’idea di “Game Over” viene anche da questi caschi che ti permettono di entrare nel mondo dei videogiochi. Insomma, ci sono io come protagonista che entrerò in vari giochi, prendendo spunto da quelli del canale in modo da accontentare i lettori e da aver anch’io delle basi per spiegare meglio. In quest’avventura dovrò superare vari livelli e incontrerò personaggi nel mondo dei videogame, cosa che è piaciuta ai ragazzi.
I bambini ascoltano Gabby16bit con in mano il suo libro mentre parla sul palco del festival “Dall’altra parte del mare”, ad Alghero.
8) Oltre a quest’attività di YouTuber, fai qualche altro lavoro?
Al momento mi sono dedicato al 100% a YouTube, avendo visto quanta energia richiede: per registrare e pensare a un video ed editarlo, occorrono minimo otto ore al giorno. Ovviamente non è che faccio solo questo, suono anche il pianoforte. Ho studiato pianoforte al conservatorio per svariati anni. Ho dovuto un po’ accantonarlo a causa dei miei innumerevoli traslochi. Comunque l’abilità nel pianoforte penso di avercela. Quindi, volendo, c’è sempre quella come attività che vorrei portare avanti. Inoltre collaboro con mio fratello: lui è animatore 3D, abbiamo dei progetti in questo senso che possiamo esplorare. Per il resto, la maggior parte delle mie energie in questo momento sono concentrate su YouTube per dare il mio miglior video, il mio miglior prodotto.
9) Che consigli daresti a chi vuole intraprendere la tua strada?
Innanzitutto penso che serva molta costanza: come per tutte le cose, bisogna farlo e rifarlo e rifarlo per capire ed entrare nel sistema. Deve un po’ entrarti nel sangue YouTube, come tutte le cose che vuoi far bene: a forza di rifarle imparerai il mestiere. Tutto sta lì secondo me: stare molto dietro a una cosa a cui tieni, anche se all’inizio io, per il primo anno di YouTube, avevo solo 80 views a video. Veramente poche rispetto alle 100/200.000 che si possono ottenere ora. Quindi, andare avanti, aver piacere nel farlo: dev’essere una cosa che ti deve piacere, perché se lo fai solo per i soldi o cose simili difficilmente funzionerà, o comunque la gente lo noterà. Continuare a battere il chiodo: questo è il mio consiglio.
10) Segui la scena esport?
Sì, io stesso prima di partire con il mio canale YouTube ero un giocatore, non dico professionista perché non è che abbia guadagnato tanto. Ero un giocatore di Halo, giocavo competitivamente, ho vinto anche dei tornei in Italia. In palio all’epoca c’erano router, modem, abbonamenti Xbox live: è stato veramente un bel periodo. Da allora la passione competitiva la porto sempre con me, tant’è che cerco, quando gioco, di fare le partite classificate, con i gradi. Se gioco a un videogame seguo un po’ la scena competitiva dietro. Ultimamente sto giocando a Rainbow Six: ho guardato un po’ i tornei che si sono svolti a Milano recentemente. Quello degli esport è un mondo che mi piace e apprezzo molto: io vengo più da lì che da YouTube e dagli indie. È anche quella una grande passione.
11) Quali sono i tuoi player preferiti?
In Italia non ne ho uno in particolare. Ho un mio amico che è diventato pro gamer. Lui è un pro gamer a tutti gli effetti di Halo, di cui seguo sempre il competitivo perché è il gioco che mi piace. Adesso dovrà anche uscirne uno nuovo, quindi speriamo che torni un po’ più sotto i riflettori. Il mio amico si chiama “MQSE”. È entrato negli Str8 Rippin, un team esport che credo giochi anche altri titoli.
Gabby16bit è molto amato dai giovanissimi. Qui mentre firma le copie del suo libro “Game Over” al festival “Dall’altra parte del mare”, ad Alghero.
12) Ritieni che un gioco indie possa diventare un esport e perché?
Dipende, certamente se un indie è bilanciato può. Quand’è che un gioco diventa competitivo? Quando ha le basi per diventarlo: quindi un buon bilanciamento delle armi (se ci sono armi), degli aspetti che favoriscano la competizione tra i giocatori. Un “Cattura la bandiera” potrebbe diventare un competitivo. Su Minecraft ci sono le BadWords. Minecraft è un gioco ancora leggermente “buggheggiante” in un certo senso: ci sono vari exploit, bug, glitch che non sono ben bilanciati per un gioco competitivo. Però credo anche che ci siano alcuni indie diventati un po’ competitivi. Sicuramente se è fatto bene, se ha queste carte in tavola ed è piaciuto (perché deve esser giocato da tante persone per divenire competitivo) qualsiasi gioco indie può diventarlo.
13) Cosa ne pensi delle critiche rivolte al mondo videoludico, per esempio riguardo al pericolo di dipendenza o alla violenza…
Penso che la prima parola spetti ai genitori. Se sai che tuo figlio è impressionabile o comunque molto piccolo, dovresti evitare di esporlo a giochi violenti, a giochi che possano traumatizzarlo o diseducarlo. Un Gta in mano a un bambino di otto anni forse sarebbe da evitare, anche se io stesso, quando ero piccolino, ho giocato a Gta e non mi ha reso violento. Preferisco non fare male neanche a una mosca. Però, tutti siamo diversi. Penso che prima di tutto dipenda dall’educazione ricevuta dai genitori e in secondo luogo anche dallo stare attenti ai propri ragazzi. Non credo che il gioco in sé possa, a meno che uno non abbia una mente molto malleabile, indurre a fare cose sbagliate. Bisogna sempre fare attenzione alla persona che si ha davanti e seguirla, se possibile.
14) Vuoi darci un’anticipazione del nuovo libro?
C’è già il nome: si intitola “Play again”. Da “Game Over” si ritorna, si gioca ancora, e ci saranno giochi che abbiamo visto anche nel canale. Se è piaciuto il primo libro, penso che alla gente piacerà questo modo di continuare le cose. Ci saranno colpi di scena, personaggi che ritorneranno, forse più azione addirittura del precedente e tante avventure insieme a Gabby e i suoi amici.