E alla fine arrivò Stadia. Durerà o il mercato la costringerà a cambiare?

Partito ieri il nuovo servizio videoludico in streaming targato Google: non servono console, basta un joystick.

Presentato con molta enfasi qualche mese fa ecco pronto al lancio ufficiale il servizio Google Stadia. Nell’epoca in cui già serie televisive, film, sport, musica e libri funzionano tramite abbonamenti che permettono l’accesso a fornitissime piattaforme online, il videogioco era forse l’ultimo servizio che mancava. Ora il colosso di Mountain View con Stadia, punta a colmare anche questo vuoto (anche parzialmente, dato che Stadia, oggi, prevede comunque l’acquisto di alcuni contenuti, oltre all’abbonamento). Il servizio è partito ieri, 19 novembre 2019, da Usa e Canada, UK, Paesi Ue compresa l’Italia, e molti di voi potrebbero aver ricevuto una email dal Google Store che annuncia: “Stadia è ora disponibile”.

L’idea è semplice: fare a meno di console e computer e consentire di giocare direttamente dalla tv di casa, da computer o da cellulare (per ora solo smartphone targati Google), collegando un semplice joypad (opzionale) che Google vende con il suo abbonamento. Creando un account su Stadia (e pagando la cifra minima di 9,90 euro al mese) si ha così accesso diretto a numerosi giochi. Un’esperienza videoludica che tuttavia sarà pienamente godibile solo con l’accensione della rete 5G, per il quale Stadia sarà uno dei principali banchi di prova, come ricordava qualche settimana fa il quotidiano online Esportsmag.

Tutto gira in cloud sui potentissimi server di Google. I dati che vengono gestiti dai server di Google hanno dimensioni difficili da immaginare. Come difficile da immaginare è un servizio che, a differenza degli streaming citati più sopra, deve dare risposte in tempo reale rispettando le scelte del giocatore. Google Stadia promette di mandare in pensione le vecchie console, che per il momento tuttavia continuano a vivere un’esistenza tranquilla e lontana da preoccupazioni. A maggior ragione dopo che le anticipazioni di Google hanno parlato di un basso numero di titoli.

Stadia parte oggi con 22 titoli a catalogo, videogiochi spettacolari, ma tutt’altro che novità: Red Dead Redemption 2, Assassin’s Creed Odyssey, Destiny 2, GYLT, Just Dance 2020, Kine, Mortal Kombat 11, Samurai Shodown e Thumper, ai quali già oggi Google ha promesso di aggiungerne altri dieci, a partire da NBA 2K20, Football Manager 2020 e Final Fantasy XV, e procedendo con Rage 2. Attack on Titan: Final Battle 2, Farming Simulator 2019, Grid 2019, Metro Exodus, Trials Rising e Wolfenstein: Youngblood. Il numero dei giochi dovrebbe salire da 26 entro fine anno.

Il pacchetto Founder Edition costa 129 euro e contiene un controller in edizione esclusiva, un Chromecast ultra e un Founder badge, che dà l’accesso alla piattaforma per 3 mesi, più 3 per un amico. Leggermente diversa la Premier edition, che ha un controller “normale” (no special edition) e non ha i 3 mesi per l’amico; il costo dovrebbe essere di poco inferiore. L’abbonamento costa poi 9,90 euro al mese. E’ possibile avere un controller aggiuntivo al costo di 69 euro. Tutto qui, per giocare non serve davvero altro, solo del tempo libero e una buona connessione stabile e veloce. Da valutare bene prima dell’acquisto, poiché senza quest’ultima Google Stadia sarebbe soltanto un fastidio.

Già, ma l’Italia è pronta? Stadia non è un semplice servizio streaming. Paragonarlo a Netflix (se non per la tipologia di business) è molto riduttivo, almeno al momento attuale. Giocare infatti significa (banalmente) che contenuto e visualizzato e impulso di ritorno dato dal giocatore devono praticamente coincidere, pena la delusione (per non dire altro) del giocatore. Al momento, stando alle rilevazioni riportate dal sito specializzato techradar, i valori medi sono ancora piuttosto bassi (rispetto allo standard promesso dal 5G) e l’Italia è ben lungi dall’avere copertura totale. Stadia richiede una velocità di download minima di 10 Mbps, che oggi si raggiunge solo nei centri di alcune grandi città.

Ma i problemi per Stadia, in realtà, potrebbero essere ben altri. A essere colpito dalle critiche, anche in questi giorni, è stato proprio il modello di business alla base della piattaforma gaming di Google. Come spesso capita l’analisi più caustica l’ha fatta Jason Schreier, su Kotaku: preordini sotto le aspettative, un’accoglienza freddina anche da parte dei media tradizionali, e un modello di business sbagliato (“sarebbe da asini pensare di poter vendere videogiochi a prezzo pieno su Stadia”, ha detto in un tweet). Addirittura Schreirer si è spinto oltre, chiedendosi se ci sarà una trasformazione in un “all-you-can-eat subscription” (come l’Xbox game pass, per capirci) o se semplicemente “just let it die”, ossia Google dopo un po’ lascerà morire il servizio (come d’altronde ha fatto in passato, senza farsi troppi problemi, con altri servizi lanciati in pompa magna ma poi schiantati contro una insufficiente risposta da parte del mercato).

Lo stesso Schreier, qualche ora dopo il primo post, torna sui suoi passi dicendo di non pensare affatto che Google abbia già voglia di gettare la spugna, visti anche gli investimenti per la costruzione di numerosi studi di sviluppo, tuttavia “devono cambiare, anche se questo significasse rinunciare ad alcuni titoli di primo piano”. Valutazioni che sicuramente anche gli analisti di Google non avranno lasciato al caso, ma che, come sempre, dovranno scontrarsi con le mille incognite del mercato.

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