Un emendamento presentato da Marianna Madia e altri esponenti del PD vuole cancellare il First Playable Fund. Il Fondo istituito dal Ministero dello Sviluppo economico e inserito nel cosiddetto DL Rilancio, anche se di appena 4 milioni di euro, (briciole, in confronto ad altre misure simili), era stato presentato qualche settimana fa come una grande conquista per l’industria videoludica italiana. Ma come spesso accade nel nostro Paese lo scacchiere della politica riserva sorprese fino alla fine. E’ infatti di qualche giorno fa la notizia che l’emendamento 38.32 al DL Rilancio, a firma degli On. Madia, Benamati, Nardi, Gavino Manca, Lacarra, Bonomo, Zardini (PD), intende “cancellare il fondo di finanziamento prototipi di videogiochi istituito dal MISE ai commi 12-18 dell’art. 38″.
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Il First playable fund, lo ricordiamo, è stato pensato come aiuto agli sviluppatori italiani per affrontare la prima fase della produzione di un videogioco (per computer, per console, per dispositivi mobile). Si tratta di un finanziamento del 50% delle spese, a fondo perduto (per un importo compreso da 10mila a 200mila euro per singolo prototipo), che possono aiutare i piccoli studi italiani a realizzare la prima versione giocabile (a livello dimostrativo) di un gioco; la fase spesso più importante, nella quale si decide se il gioco convince e se continuare o meno a investire sull’idea.
Come ha riportato chiaramente la testata online Business Insider, tra le prime a “lanciare l’allarme” interpellando Luca De Dominicis, fondatore dell’Accademia Italiana Videogiochi (Aiv), “si tratta di un comparto capace di creare centinaia di posti di lavoro: basti pensare che un videogame di fascia internazionale arriva a impiegare tra le 200 e le 300 persone per un per periodo di sviluppo di 2 o 3 anni”. Poca cosa, evidentemente, per Madia & Co., che mirano a spostare i 4 milioni destinati al rilancio dell’industria videoludica all’interno dei piani previsti per il sostegno di startup innovative, che già godono di misure che ammontano a qualche centinaio di milioni (100 milioni per il programma Smart and Start di Invitalia, 200 milioni per a sostegno dei capitali delle startup, una riserva di 200 milioni per l’accesso alle garanzie del Fondo Centrale di Garanzia oltre a sgravi fiscali).
“E se all’industria del videogioco togliessimo anche le briciole” sembrano essersi detti i firmatari dell’emendamento, visto che 4 milioni andrebbero a incidere per una parte infinitesima (neanche l’1%, viste le cifre elencate sopra) in un comparto che poi, come ha annunciato il Ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli, potrà godere anche del Piano Transizione 4.0 (attraverso cui il MISE punta ad avviare la nuova politica industriale del Paese), che mobiliterà una cifra di circa 7 miliardi di euro.
La preoccupazione di IIDEA, Italian Interactive Digital Entertainment Association, l’associazione di categoria che rappresenta l’industria dei videogiochi in Italia, che noi di Esportsmag avevamo interpellato in merito nella giornata di lunedì, è evidente nelle parole di Mauro Fanelli, Vicepresidente dell’associazione, affidate a una nota diffusa ieri: “La nostra raccomandazione è di considerare il ritiro dell’emendamento. Sarebbe l’unico modo per salvaguardare l’istituzione del fondo di finanziamento prototipi di videogiochi presso il MISE e dare finalmente anche all’Italia la possibilità di competere in uno dei settori più dinamici e strategici per lo sviluppo tecnologico e occupazionale del nostro Paese, al pari di Francia, Germania, Spagna, Regno Unito e tanti altri”.
Così è partita ieri anche una raccolta firme su change.org, per chiedere il ritiro dell’emendamento. Il fondo, infatti, come apprendiamo sempre dalla nota di IIDEA, ha come obiettivo la riduzione del gap esistente tra l’Italia e altri paesi europei come:
- la Francia, che ha un fondo identico da 4 milioni all’anno, attivo dal 2008;
- la Germania, che ha un fondo da 50 milioni all’anno per 5 anni, istituito nel 2019;
- la Spagna, che ha appena incrementato di 20 milioni la dotazione del fondo CREA SGR per finanziare tra gli altri il settore dei videogiochi per fronteggiare l’emergenza Covid;
- il Regno Unito, che ha un fondo da 4 milioni di sterline all’anno, attivo dal 2015;
- e molti altri come Polonia, Danimarca, Romania, ecc.
“Stiamo parlando dell’industria creativa più dinamica e innovativa, nonché quella che impiega la gamma più ampia di professionalità altamente specializzate, se paragonata a qualunque altra forma di impresa creativa esistente – spiegano sempre da IIDEA -. E questa differenza di valore è riscontrabile nel valore complessivo del settore, se paragonato alla sommatoria di tutte le altre industrie creative: nel 2019 il mercato dei videogiochi ha generato circa 150 miliardi di dollari nel mondo, rispetto ai circa 75 miliardi generati da musica + cinema + TV + servizi streaming. In tutto ciò, il mercato italiano è storicamente nella top10 mondiale, con 1.8 miliardi di euro di valore nel 2019″.
L’associazione degli sviluppatori di videogiochi italiani sottolinea ancora come il problema dell’Italia risieda storicamente nella bassa quota di mercato delle sue produzioni “made in Italy” rispetto alla produzione internazionale (tenuto conto che il mercato commerciale di riferimento è per sua natura digitale e internazionale), e nella scarsa capacità di attrarre gli investimenti privati internazionali a causa dell’assoluta mancanza di politiche pubbliche di supporto (tax credit o fondi di sostegno alla produzione, sono i due strumenti più diffusi nel mondo). Per questo l’istituzione del Fondo sembrava un primo passo “nella direzione di consentire ai nostri talenti e alle nostre imprese innovative di poter aumentare la quantità e la qualità delle proprietà intellettuali e dei prototipi di videogiochi destinati ad attirare gli investimenti privati e a consolidare così l’ecosistema nazionale, con un beneficio diretto in termini di posti di lavoro, di saldo della bilancia commerciale e di gettito fiscale per lo Stato”.
Ora, l’emendamento è una proposta di modifica che deve passare al vaglio di una Commissione parlamentare, pertanto non è certo che arrivi a modificare il Decreto Legge, né che sposti alcunché. Quel che invece ormai non cambierà, questo è certo, è la magra figura che, ancora una volta, qualche esponente politico, stavolta del Partito Democratico, fa nei confronti del mondo del videogioco italiano. Prima di Marianna Madia e degli altri firmatari, infatti, ci aveva pensato l’ex Ministro del Governo Renzi, Carlo Calenda: “Sarà forte ma io considero i giochi elettronici una delle cause dell’incapacità di leggere, giocare e sviluppare il ragionamento. In casa mia non entrano.” Anche se c’è da dire che purtroppo l’avversione della politica italiana di vecchio stampo per i videogame non è limitata al PD, come ha dimostrato, tempo fa, anche qualche esponente della Lega Nord. Che dire, comunque vada c’è ancora tanto, tanto lavoro da fare. Perché se rifiutano l’idea di videogame come passatempo sano, se non come prodotto culturale, figurarsi a parlargli di esports!
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