Concord è morto: cosa dobbiamo imparare

Lo sparatutto di Firewalk Studios è già morto e dalla sua vicenda dobbiamo imparare qualcosa di fondamentale sul mercato videoludico.

É notizia di poche ore fa la decisione di Sony di mettere offline Concord, lo sparatutto a eroi sviluppato da Firewalk Studios, il 6 settembre a due settimane dall’uscita. I numeri del titolo spiegano facilmente la situazione: meno di 700 giocatori contemporanei di picco su Steam al day one e una media giornaliera inferiore ai 400.

Già la beta era andata male in termini di numeri e al lancio, secondo alcune stime, il gioco avrebbe venduto meno di 25mila copie. A fronte di un tempo di sviluppo di più di otto anni e di un budget milionario, la decisione di Sony sorprende fino a un certo punto ma mai, nella storia recente dei videogiochi, è stato registrato un fallimento di questa portata.

Va subito detto che Concord non verrà cancellato ma messo offline per “esplorare altre opzioni per raggiungere meglio i nostri giocatori”, si legge nell’annuncio, che tradotto significa cercare di sistemare le cose e debuttare come titolo free to play; perché se c’è una cosa che uno sparatutto live service non può fare nel mercato odierno è debuttare con un prezzo di 40 euro.

Concord

L’internet si è già lanciato in crociate, dibattiti e discussioni per cercare di capire il perché è andato tutto così male e così in fretta e la risposta è che a Concord manca la salsa segreta. La prima ipotesi portata avanti è quella che il mercato degli sparattutto basati sugli eroi live service sia saturo: sbagliato o il successo di Deadlock, lo sparatutto-MOBA segreto di Valve, non avrebbe accumulato senza nemmeno essere uscito (si può accedere solo su invito) 170mila giocatori contemporanei di picco.

Un’altra argomentazione avanzata è che era un brutto sparatutto: sbagliato di nuovo. Sia in beta sia da quando è uscito, la nostra esperienza (e quella di molti altri critici) con le meccaniche di shooting e di gunplay di Concord è stata ottima. Le armi sono belle da sparare, diverse tra loro e sempre sfruttabili in un modo o nell’altro anche se un discorso a parte andrebbe fatto per il bilanciamento. A sviluppare questo gioco, infatti, sono stati ex programmatori della Bungie, di Valve e di Respawn e si vede. Dal punto di vista tecnico il gioco è immacolato ed è evidente il lavoro di fino fatto da questo punto di vista.

Chi sostiene che non sia divertente da giocare, invece, ci trova abbastanza concordi perché, a livello di design delle modalità del gioco, c’è davvero tanta confusione. Non ha senso approfondire qui il sistema dell’equipaggio, delle varianti e il fatto che il gioco, sostanzialmente, disincentiva attivamente l’utilizzo del proprio eroe preferito. Detto questo, a meno di non fare un classico deathmatch, Concord è arrivato nelle mani dei giocatori con modalità a round in stile Prove di Osiride che remavano contro il design dei suoi stessi eroi.

Concord

E qui iniziamo ad arrivare alla radice del problema: meccanicamente, infatti, la maggior parte del cast risulta sbilanciata, poco originale (le meccaniche e abilità prese da altri titoli, Destiny 2 in primis sono davvero tante) e non proprio emozionante da giocare. Questo vale sia per i tank sia per i dps o i personaggi da supporto: non c’è un singolo eroe che con le sue abilità riesca a conquistare chi gioca.

Siamo così giunti al cuore del problema di Concord: la salsa segreta che manca a questo gioco è la personalità. L’ambientazione, l’estetica e, soprattutto, i personaggi risultano banali, già visti, piatti e veramente poco appetibili. Il problema non è l’inclusività come molti leoni da tastiera vorrebbero farvi credere: Overwatch è un gioco inclusivo con personaggi appartenenenti alla community LGBT, di età molto diverse tra loro, sovrappeso o non conformi alle tradizionali norme estetiche di genere; eppure lo sparatutto Blizzard è tra i live service che, sistematicamente, sorprende e soddisfa la sua base di giocatori con nuovi eroi dalla personalità, dalla storia e dalle abilità interessanti.

Il problema di Concord è che i suoi eroi non sono memorabili, non trasmettono epicità e sono troppo simili ai personaggi dei Guardiani della Galassia. Allo stesso modo l’ambientazione spaziale in stile retrò anni ’70, proprio quella di Guardiani della Galassia, non è abbastanza diversa dal materiale che l’ha ispirata per convincere chi vorrebbe avvicinarsi a questo universo narrativo. Torniamo a Deadlock per fare un paragone incredibilmente contemporaneo.

Deadlock
L’immagine di presentazione di Dynamo, un personaggio di Deadlock, mi racconta di più su di lui di un intero trailer di Concord

Gli eroi dello sparatutto MOBA di Valve sono caratterizzati benissimo e trasmettono personalità forti semplicemente con il loro modello e 15 linee di dialogo totali per ciascuno. Questo perché si mescolano in modo creativo a un’ambientazione nuova (una New York mistico-paranormale anni ’30) aggiungendone dettagli come il rapporto con il mondo dei demoni o la presenza degli androidi, e andando a popolare un substrato interessante e con una personalità forte.

Concord è arrivato sul mercato stanco e vecchio dal punto di vista visivo e narrativo, un substrato che, controintuitivamente, è indispensabile per un hero shooter. Un personaggio non può far innamorare un giocatore solo con il suo gameplay ma deve vivere in un contesto interessante ed essere un eroe interessante. Questa è la ricetta per uno sparatutto con personaggi non personalizzabili di successo.

Visto il grande lavoro dal punto di vista tecnico fatto da Firewalk Studios, noi ci auguriamo non solo il passaggio al modello free to play ma il tempo necessario a reimmaginare narrativamente e caratterialmente questo universo che ha del potenziale, ma che manca completamente di mordente e originalità.

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