Anche i videogame dietro il successo di Biden

E’ ufficiale, Joseph Robinette Biden Jr., meglio noto come Joe Biden, è il 46° presidente degli Stati Uniti d’America. Nella tornata elettorale di qualche giorno fa ha battuto il suo predecessore, Donald John Trump, raccogliendo qualcosa come 70 milioni di voti (battuto il precedente record di Barack Obama, risalente al 2008). Tra le curiosità delle elezioni presidenziali americane 2020 c’è stata sicuramente quella dell’utilizzo massiccio dei videogame in campagna elettorale. Non una novità, ma un aumento considerevole rispetto alle precedenti edizioni. Insomma, vuoi vedere che i videogame servono davvero?

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Facciamo un passo indietro. Il feeling tra politica e videogame,come detto, non è più una novità e anzi, è un fenomeno con il quale si dovrà sempre di più fare i conti nel prossimo futuro. Il videogame si sta sempre più affermando come media, pertanto non c’è da stupirsi se in pochi anni siamo passati da un’immagine del gioco elettronico come semplice forma di intrattenimento a quella di un video gioco che oltre a forma di entertainment si fa anche contenitore di comunicazioni, anche elettorali.

Già nel 2008 ci aveva provato Obama, nella sua corsa contro il repubblicano John McCain, puntando con decisione sull’in-game advertising: i manifesti di Obama comparirono in 18 tra i videogame più popolari del momento. Ma il giocatore nota tali inserzioni? Pare proprio di sì, e non lo disturbano affatto. Anzi, stando ad alcune ricerche effettuate già all’epoca, l’inserimento di pubblicità nei videogame non provoca fastidi nei consumatori, ma addirittura donerebbe un grado di realismo in più all’esperienza di gioco. Il tema elettorale è talmente sentito che nel 2012 Microsoft ha creato un’app specifica per consentire agli abbonati di Xbox Live di seguire comizi, sondaggi quotidiani e votazioni su Xbox 360.

Ma tornando ai candidati, se Obama, e il suo staff, hanno dimostrato la propria abilità anche sul fronte videoludico, lo stesso non si può dire di chi, dopo i due mandati Obama, nel 2016 avrebbe dovuto confermare i Democratici alla guida degli Usa. Hillary Clinton infatti, si portava in dote l’approvazione del Children and Media Research Advancement Act, un provvedimento che autorizza il finanziamento (ben 90 milioni di dollari) di uno studio nazionale sugli effetti psicologici dell’intrattenimento digitale. Una posizione conservativa (per non dire retrograda), che sicuramente non le ha garantito le simpatie dei videogiocatori.

Quattro anni dopo nuove elezioni, e i Democratici tornano “in gioco”. I videogiocatori appassionati di Animal Crossing e Fortnite (ma anche Among Us), nel corso della campagna elettorale, avranno sicuramente intravisto la presenza di Joe Biden che, assieme al suo entourage, ha deciso di puntare anche su questo nuovo media per parlare ai suoi elettori. Ma è servita, questa “passione” digitale, per garantire la vittorie a Biden? La risposta non è semplice e, chiunque provi a darla, sicuramente non riuscirà a determinare scientificamente il peso del videogame sul voto Usa. Si possono tuttavia fare alcune considerazioni.

La platea degli appassionati di videogame si sta ampliando, negli Stati Uniti come in tutto il resto del mondo. Ormai le ultime stime parlano di un aumento esponenziale degli appassionati di videogiochi, grazie anche alla diffusione dei giochi mobile. Pare che considerando chi ha provato almeno una volta qualche gioco si superi ormai la cifra di 3 miliardi di persone (erano 2,3 milioni nel 2018), quasi il 40% dell’attuale popolazione mondiale. Figurarsi in un paese sviluppato come gli Stati Uniti, dove in linea di massima device e connessioni sono alla portata di chiunque.

Ma soprattutto la platea dei giocatori di videogame sta piano piano aumentando la sua età media. Come ha riportato un articolo pubblicato nel 2008 dal Sole24Ore raccontando “la campagna di Obama anche sui videogame“, il gioco Burnout Paradise, uno di quelli in cui aveva investito Obama, “il gioco su Xbox 360 prodotto da Electronics Arts che risulta molto apprezzato dai maschi tra i 16 e i 30 anni“. Gli stessi giocatori oggi, 12 anni dopo, hanno dai 28 ai 42 anni, forse ancora tutti giocano a titoli di corse automobilistiche, come Burnout, ma di certo tutti ora sono adulti, e sono elettori.

E’ curioso poi notare che ogni corsa alla Casa Bianca dall’inizio degli anni Duemila sia stata fortemente caratterizzata da una grande influenza del digitale, non solo videogiochi, ma soprattutto i social network. Obama nel 2008 se la vide con un impacciato McCain, i cui contenuti sono stati spesso bloccati da Youtube in quanto copiati da trasmissioni televisive e privi della liberatoria dell’emittente o coperti da copyright. Nel 2016 Trump sconfisse Hillary Clinton anche per aver puntato fortemente su canali come Facebook, Twitter, Instagram, YouTube, Periscope e Vine, mentre è rimasto nella storia l’attacco alla sua avversaria fatto di bufale, teorie cospirazioniste sull’appartenenza a una setta satanica, e aggressioni su Twitter e Reddit (un sondaggio realizzato dal Pew Research Center nel 2016 due settimane dopo il voto rilevò che il 20% degli americani intervistati ammetteva di essere stato influenzato, in tema elettorale, da quanto letto su Facebook).

Certo, secondo alcune analisi storiche, ciò che avviene da alcuni decenni in America sarebbe solo il frutto di una democrazia pienamente matura, che nonostante tutti i trucchi messi in atto in campagna elettorale, riesce ormai ad alternare quasi scientificamente un governo democratico ad uno repubblicano. Magari la lettura giusta è questa, ma vero è che dietro ogni ad ogni strategia elettorale ci sono studi, ricerche e investimenti del valore di svariati milioni di dollari. Trump, nel 2016, investi sul media televisivo meno di 1 milione di dollari, circa l’1% di quanto investì Jeb Bush (uno degli altri candidati Repubblicani di quella tornata elettorale). Inutile ribadire che gli equilibri mediatici si sono spostati, e che oggi, accanto ai social, ci sono anche le grandi piattaforme del gaming, che offrono non una semplice second life, ma una una vera realtà aumentata (attraverso la quale videogiochi e social network sono interconnessi) che marketing e comunicazione, anche quelli di stampo elettorale, non possono più ignorare.

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