“Loot boxes”. E’ il termine che indica il “bottino” che un videogiocatore può ricevere pagando ed è quello che segna la sottile distinzione tra valorizzazione del gioco e dipendenza del giocatore. Per cercare sempre nuove loot boxes, l’inglese George Proud ha speso circa 700 dollari al giorno per avere nuove armi o nuovi skin dei personaggi. Così racconta la BBC sul suo sito.
DIPENDENZA – Gli eSports possono diventare quindi un gioco d’azzardo? Probabilmente si, alcune storie lo dimostrano. I bottini a pagamento sono presenti in diversi giochi popolari, da Overwatch a Call of Duty. La normativa inglese è tra le più liberali, ma le posizioni critiche cominciano ad aumentare e il dibattito politico è arrivato sino alla Commissione sul gioco d’azzardo.
LE POSIZIONI – A fine febbraio i laburisti hanno annunciato che in caso di loro ascesa al potere, il gioco d’azzardo verrebbe duramente colpito. Lo ha annunciato un esponente di spicco come Tom Watson: “Non è possibile nell’era digitale non porre limiti economici alla possibilità di spendere online e vincoli dovrebbero essere posti anche alla velocità del gioco”. Tesi che trova sponde anche sul versante opposto, tra i Conservatori, in Peer Lord Chadlington ad esempio.
LOOT BOXES – Tecnicamente non sono classificabili come gioco d’azzardo perchè non muovono soldi veri ma solo virtuali. Peccato che nei marketplace online, però, c’è chi li rivende per sterline sonanti e le edizioni limitate diventano merce rara. Nonostante la preoccupazione crescente nel Regno Unito, la Commissione sul gioco d’azzardo ha dichiarato di “considerare ammissibili i bottini in quanto il denaro non viene incassato come premio”. Non la pensano così Australia, Paesi Bassi e Belgio che ritengono la voglia di raggiungere un jackpot ragione sufficiente per parlare di “gambling”.