Il no definitivo della Svezia apre a numerose possibilità: da cui non è possibile escludere a priori anche l’Italia.
Il The International 10, di fatto il mondiale di Dota 2 e uno dei più importanti eventi esports al mondo con un montepremi da 40 milioni di dollari, non si giocherà in Svezia: come già anticipato in settimana la Federazione sportiva scandinava ha negato lo status di sport agli esports con la conseguenza che il TI non avrà alcuna esenzione speciale dalle regole da Covid19. Giocatori e staff, in arrivo da tutto il mondo, non avrebbero alcuna garanzia, una volta giunti in Svezia, di non essere rimbalzati. Decisione che ha costretto gli organizzatori a rivedere il proprio piano, cercando soluzioni alternative. Soluzioni che, con la conferma di questi giorni, non vedranno protagonista la Svezia.
Dove disputare allora il The International? L’ideale sarebbe rimanere in Europa in modo da facilitare gli organizzatori che, a due mesi dall’inizio della competizione, hanno probabilmente già dislocato numerose risorse sul continente proprio in previsione dell’evento. L’Europa è inoltre un ponte sufficientemente semplice da raggiungere sia per i team asiatici che per quelli nordamericani. Senza dimenticare uno dei fattori più importanti: si trova attualmente, a eccezione del Regno Unito, in una condizione favorevole in merito ai contagi da Covid19.
Impossibile in un periodo come questo immaginare di non prendere in considerazione i dati correnti sul coronavirus. L’Islanda, che ha già ospitato due eventi esports internazionali nel mese di maggio, il Mid-Season Invitational di League of Legends e i Valorant Masters Tour, non registra un nuovo caso da un mese. Francia, Germania e Spagna viaggiano ormai su curve decrescenti, ben lontane dai picchi delle varie ondate raggiunte nei mesi scorsi. Merito sia delle temperature più elevate che della campagna vaccinale. La Francia a maggio ha ospitato il Six Invitational, il mondiale di Rainbow Six Siege; la Spagna a metà luglio ospiterà a Madrid le finali del Red Bull Campus Clutch di Valorant. Senza dimenticare che in tutta Europa si stanno disputando attualmente gli Europei di calcio con stadi aperti totalmente o solo in parte al pubblico.
Non fa, in tutto questo, eccezione l’Italia. Mentre la campagna vaccinale prosegue e i casi di Covid diminuiscono costantemente sia in termini di nuovi contagi che di ricoveri, in Italia si sono anche disputate le fasi finali della eSerie A, senza pubblico ma totalmente dal vivo con giocatori, staff, commentatori e organizzatori: un evento che è stato realizzato seguendo costantemente le linee guida su tamponi e controlli vari. Così come è stato per le qualifiche nazionali del Red Bull Campus Clutch di Valorant disputate a Milano. Certamente vanno elencate dovute differenze: si tratta di eventi più contenuti e di caratura nazionale, non paragonabili al The International.
Eppure se parliamo di sport l’Italia ha ospitato alcune partite dell’Europeo allo stadio Olimpico di Roma. Così come la Nations League di pallavolo femminile che nell’ultimo mese, dal 24 maggio al 25 giugno, si è disputata nella bolla di Rimini. Lo stesso Presidente del Consiglio Mario Draghi ha affermato, durante il recente vertice con la cancelliera tedesca Angela Merkel, di rendere disponibile l’Italia per disputare anche la finale dell’Europeo visti i dati crescenti di contagi da variante Delta del Covid19 nel Regno Unito (è infatti Wembley la sede scelta dalla Uefa per l’atto conclusivo del torneo a meno di sorprese dell’ultim’ora). Senza dimenticare poi che l’Italia, in era pre-Covid, è già stata protagonista di un evento esports internazionale: le finali della Pro League di Rainbow Six Siege nel 2019. Sarebbe pertanto sufficiente unire il know-how mostrato finora negli eventi sportivi con le competenze degli organizzatori del The International per provare a portare in Italia un evento di tale importanza.
Per l’Italia, da sempre bistrattata sul piano della digital innovation, sarebbe una vetrina importante, soprattutto per un governo che vuole mostrare al mondo intero di avere tutte le carte in regola per uscire dall’immobilismo decennale in cui ha vissuto negli ultimi anni e lanciarsi attivamente nel ventunesimo secolo. I veri ostacoli perché ciò accada, verosimilmente, sarebbero due. Il primo riguarda i permessi per gli ingressi nel nostro paese dei giocatori: non essendoci una regolamentazione ad hoc rischieremmo di ritrovarci nella stessa condizione della Svezia. A meno di seguire la regolamentazione per gli eventi di spettacolo: se stanno ripartendo i concerti internazionali perché non dovrebbe essere approvato anche un evento, che pur sempre di spettacolo e intrattenimento si tratta, come il The International? Il secondo ostacolo è forse più ostico: ai nostri piani alti, ovvero chi potrebbe non solo dare il proprio consenso ma magari proporre l’Italia per ospitare l’evento, sanno cos’è il The International?
Forse sì, forse no. Di certo sanno benissimo il valore aggiunto che ormai portano i videogiochi e il gaming. Ricordiamo che poche settimane fa l’attuale Ministro dei Beni Culturali Franceschini ha riconosciuto le case italiane sviluppatrici di videogiochi come aziende di interesse culturale e artistico, dando loro in questo modo l’accesso al tax credit, un’aliquota del 25% sul costo di produzione. “I videogiochi sono frutto dell’ingegno creativo ed è giusto che, analogamente a quanto avviene per il cinema e l’audiovisivo, possano ricevere un sostegno, se riconosciuti come opere di particolare valore culturale”, le parole del Ministro.
Il The International sotto questo profilo, in quanto evento di spettacolo, non è da meno: possiede un valore culturale, rivolto in particolare alle fasce più giovani, esattamente come quello espresso da un concerto. Senza mettere in secondo piano l’indotto economico che un evento di questo tipo porterebbe con sé: sia a livello concreto, pensando ad alberghi e servizi vari, che a livello di pubblicità per l’Italia e per la città che lo ospiterebbe. Secondo i dati dell’ufficio dello sport di Shanghai, i mondiali 2020 di League of Legends, disputati in piena era Covid19 a ottobre 2020, hanno contribuito a creare un indotto economico da 4,6 milioni di dollari per la cittadina cinese con 483.000 $ di entrate dirette per le casse della metropoli. Nel 2018 uno studio aveva invece rivelato come la cittadina polacca di Katowice, appena 300.000 abitanti, aveva attirato non tanto 173.000 visitatori nella settimana dell’Intel Extreme Masters, una delle più importanti competizioni al mondo, quanto un valore economico stimato in termini di pubblicità pari a 22 milioni di euro tra menzioni sul web, servizi televisivi e presenze sui social.
È davvero impossibile sognare un evento di tale portate internazionale come il The International in Italia? Eppure, già in tempi non sospetti, è accaduto. Parco di Monza, 2006: in Italia si svolgono le fasi finali mondiali dei World Cyber Games. Sono passati 15 anni: un intervallo di tempo congruo per decidere di scommettere nuovamente sugli esports anche in Italia.