Essere Youtuber: partita Iva necessaria se diventa vero business

Quella dello Youtuber è diventata oggi una vera e propria professione, che riguarda molto da vicino (anche) gli esports: ma per evitare sorprese meglio dotarsi di una partita iva, se non si sta solo giocando.

Con l’esplosione dei social network in parallelo a quella del gaming, e con la forte spinta data anche dagli sport elettronici, sono sorte vere e proprie professioni che utilizzano questi canali e, in particolare, quello di Youtube, da cui il nome di “youtuber”, affibbiato ai content creator digitali, che ogni giorno pubblicano video, stories e post dedicati alle loro community online. Con particolare riferimento, spesso, proprio al mondo degli esports. Anche se negli ultimi anni si sono sviluppati altri canali, come Twitch e altri ancora, di cui parliamo spesso su queste pagine virtuali. Un fenomeno sempre più popolare e redditizio, al punto da aver attirato l’attenzione di molti. Dai media, al Fisco. Motivo per cui anche IlSole24Ore dedica uno speciale di approfondimento a questa materia, consigliando l’apertura di una partita Iva per chi si occupa di “streammare” tramite social, onde evitare di incorrere in brutte sorprese.

In particolare, come riporta il quotidiano economico, tenendo conto che le più recenti statistiche rivelano che gli youtuber più famosi al mondo arrivano a guadagnare milioni di euro l’anno, tra incassi pubblicitari derivanti dalle piattaforme social, apparizioni televisive e vendite di merchandising o prodotti brandizzati, è evidente che non si tratta più di un semplice passatempo o di un’attività residuale, come poteva essere un tempo, ma di “una vera e propria attività imprenditoriale, che genera reddito costante e deve quindi essere correttamente inquadrata fiscalmente per evitare accertamenti o contestazioni con il fisco”.

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ABITUALE O OCCASIONALE? – Ecco quindi che il primo aspetto da valutare per capire se l’attività da youtuber o da content creator digitale determina la produzione di un vero e proprio reddito di impresa o di lavoro autonomo da gestire con partita Iva è la presenza o meno di elementi di abitualità e professionalità”. Secondo il quotidiano, “se l’attività è puramente occasionale e non è quindi non è né professionale né posta in essere con regolarità, stabilità e sistematicità dei comportamenti, i redditi prodotti non necessitano di apertura di partita Iva ma vengono fiscalmente identificati come redditi diversi (articolo 67, comma 1 lettera i e l del Tuir). È quindi necessario unicamente presentare la dichiarazione dei redditi annuale con indicazione di tutti i redditi percepiti”. Al contrario, se l’attività è svolta con continuità e professionalità, la partita Iva e tutti gli adempimenti fiscali conseguenti sono necessari a prescindere dal volume d’affari e dai redditi prodotti.

Non solo. Per capire se l’attività di youtuber necessita o meno di partita Iva è fondamentale anche comprendere quali e quante fonti di guadagno vengono percepite dal soggetto che lavora online. Non esiste infatti un’unica opportunità di produzione di reddito nei social network poiché le fonti di guadagno sono potenzialmente infinite a seconda dei contenuti che vengono prodotti e dalle attività che vengono esercitate. Per alcune di esse, come ad esempio la vendita di prodotti, è necessario avere una posizione fiscale attiva fin dal primo giorno in quanto considerate attività di impresa, altre invece è possibile identificarle, almeno in una prima fase, come redditi diversi.
La fonte di guadagno più utilizzata nel mondo online e comune a quasi tutti gli youtuber è la pubblicità a pagamento, che permette di essere remunerati sulla base delle visualizzazioni e dei click di brevi video sponsorizzati che vengono inseriti dalla piattaforma prima o all’interno dei propri contenuti online.
Altra fonte di reddito può essere la vendita di prodotti brandizzati o di merchandising effettuata tramite un proprio e-commerce o appoggiandosi a piattaforme esterne. In questo caso vengono creati periodicamente contenuti video, post o stories proprio per presentare i prodotti alla propria community e invitare i follower ad acquistarli direttamente online o anche in punti vendita fisici. Altra possibilità è la sponsorizzazione di brand di terzi.
“A seconda del tipo di attività svolta dallo youtuber o content creator e dalla periodicità della stessa, la produzione di reddito viene identificata come attività occasionale oppure come attività professionale o d’impresa, con conseguenti adempimenti fiscali diversi nell’uno e nell’altro caso”, scrive ancora il quotidiano

RESIDENZA E FATTUAZIONE – Ma dove sono stati prodotti i redditi percepiti? Ecco la domanda da un milione di dollari (o, forse, anche di più, visto il contesto!). Rispetto alle attività tradizionali, che generalmente sono geograficamente identificate in maniera precisa, uno youtuber può svolgere il suo lavoro ovunque, senza una sede fissa. Non a caso molti content creator della rete si definiscono “nomadi digitali”. E questo incide sul luogo di tassazione dei redditi prodotti dallo youtuber a seconda del posto in cui vengono materialmente effettuate le attività. Ma se si tratta di soggetto residente fiscalmente in Italia, i redditi sono imponibili nel nostro Paese ovunque essi siano stati prodotti (ai sensi dell’articolo 3 del Tuir), ma se il soggetto non è residente è necessario capire se e per quali fonti di guadagno c’è tassazione in Italia e per quali redditi invece la tassazione è in un paese estero.

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