Lo scorso weekend ho assistito per la prima volta ad un evento eSports di respiro internazionale. Non mi era mai capitato prima. L’occasione è stata la tappa inaugurale del Fia-Gt Championship, il campionato virtuale del titolo Playstation “Gran Turismo” che quest’anno ha festeggiato la sua seconda edizione. Premetto: non sono un appassionato di motori real life, né tanto meno di simulatori, dunque il mio racconto sarà assolutamente scevro da preconcetti o giudizi su esperienza di gioco o competenza tecnica. A malapena so sostituire una gomma bucata, figurarsi riconoscere un due cilindri o sentenziare su stili e tattiche di guida. Conosco il videogioco protagonista del World Tour ma ci avrò giocato due-tre volte in vita mia, di cui una proprio a Parigi, dove ho trasformato Gran Turismo in Farming Simulator per quante volte sono finito fuori pista. E, fortunatamente, sono riuscito a sfangare anche la media race, evitando ulteriori figuracce sotto lo sguardo divertito dei campioni.
VENERDÌ – Ho approfittato delle due ore di volo Roma-Parigi per dare uno sguardo al programma del weekend prima di abbandonarmi nelle braccia di Morfeo. L’alzataccia si era fatta sentire. Nei giorni precedenti la partenza avevo volontariamente evitato di informarmi troppo sull’evento al quale avrei assistito. Non volevo che l’esperienza potesse essere condizionata da alcunché. All’arrivo in terra francese ci dirigiamo verso il posto che per tre giorni avrebbe ospitato i migliori sim racer Gran Turismo di tutto il mondo. Il Pavillon Gabriel, alle spalle degli Champs-Elysees, a due passi dalla sede del gotha motoristico internazionale, la Fia, la Federazione Internazionale dall’automobile. All’esterno tre auto sfavillanti di cui dovrei ricordare marca e modello. Dovrei, appunto.
Ritirato il pass, siamo dentro. Nella lobby un centinaio di persone, addetti ai lavori, giornalisti e, soprattutto, i piloti. Divisa ufficiale rossa indosso si scambiano gli ultimi consigli prima della competizione. Si sorridono. Sono ragazzini. Il più “vecchio”, si fa per dire, avrà 23 anni. Ormai si conoscono, sono sempre loro i migliori player online che poi finiscono a contendersi il titolo live in eventi del genere. Al bancone servono solo bevande analcoliche. “Qui ci sono atleti”, mi spiega il barista fulminandomi con lo sguardo. E sì, mi dico tra me e me, qui ci sono atleti. Veri. Qualcuno spesso se ne dimentica, ma quei ragazzi non sono lì per caso. Si allenano ogni giorno, ore e ore non solo di gioco, ma anche di studio e analisi, cercando di seguire oltretutto un’alimentazione corretta ed equilibrata. Incrocio gli sguardi di molti di loro, e finisco per conoscere Giorgio. Il nostro Giorgio. Lo ammetto, di lui qualcosina sapevo. Mi ero informato. Giorgio Mangano, 21 anni di Nicolosi, paesino in provincia di Catania, è l’unico italiano a far parte del World Tour. Sarà lui nei giorni successivi a tenere alto il tricolore in gara.
Oltre la lobby, e le decine di postazioni per potersi mettere alla prova con il videogioco (con scarsissimi risultati nel mio caso), c’è lo studio televisivo dove i piloti si contenderanno il titolo. Riflettori, telecamere, decine di posti a sedere e box telecronisti (ci sono anche gli italiani Andrea Facchinetti ed Emilio Cozzi, i Caressa-Bergomi del sim racing). Oggi, venerdì, ci sono le qualifiche, proprio come un Gran Premio di Formula 1. Prima, però, il consueto saluto del padrone di casa, il papà di Gran Turismo, Kazunori Yamauchi. Annuncia il programma del World Tour (dopo Parigi si va al Nurburgring, poi New York, Salisburgo e Tokyo) e chiude con il suo personale in bocca al lupo ai ragazzi.
Archiviati i saluti è il momento di vedere all’opera i piloti. Cuffie in testa, guanti e scarpe da competizione e si parte. Ognuno di loro ha una postazione, con nome e numero. Sul maxischermo la regia trasmette la gara, con tanto di crono e intertempi. Il pubblico, me compreso, può seguire senza alcun problema ogni fase della gara. E, lo ammetto, ci sono momenti in cui si perde coscienza di guardare una gara virtuale. Gli occhi sono tutti puntati sul campione del mondo in carica, il brasiliano Igor Fraga. Oltre ad aver vinto la classifica generale dello scorso anno, il giovanissimo talento sudamericano è anche un pilota, vero, di Formula 3, incarnando un po’ il sogno di tutti, o quasi, i suoi compagni di gioco virtuali. La mia attenzione è, ovviamente, tutta per Giorgio. Il ragazzo siciliano, tanto timido davanti alle telecamere quanto agguerrito in pista, fa registrare il settimo tempo generale, beffato di 10 millesimi, DIECI, proprio all’ultimo giro delle qualifiche. Domenica – per la semifinale della Nations Cup – partirà dalla quarta posizione. Niente male, anche se un po’ di rimpianto per la beffa resta.
SABATO – La mattina è tempo di interviste. Subito dopo la colazione, nella suggestiva cornice del ristorante dell’hotel, ci aspetta Kazunori Yamauchi per un round table insieme con i colleghi spagnoli e tedeschi. Ad ogni domanda risponde con gentilezza e cortesia, aiutato dal suo interprete che per tre giorni è stato la sua ombra. Ammette il desiderio di “un evento live a Roma”, precisando poi di essere ostacolato da “strane leggi italiane”.
Chiusa l’intervista, si torna al Pavillon Gabriel per la prima vera gara del weekend: la Manufacturer Series, quello che sarebbe un po’ il Mondiale costruttori, al quale non prende parte il nostro Mangano. Questa volta il tragitto dall’hotel al “campo di gara” è leggermente più difficoltoso. Come ogni sabato degli ultimi mesi, i gilet gialli stanno manifestando e la gendarmerie in tenuta antisommossa non lascia passare nessuno. Il pass Fia ci aiuta e riusciamo a raggiungere il Pavillon, mentre dalla tv arrivano le immagini delle devastazioni a pochi passi da noi.
Nello studio televisivo i team si preparano. Ogni squadra è composta da tre piloti. Ognuno di loro partecipa ad una gara conquistando punti in base al piazzamento. L’ultima manche, la quarta, vede i tre scambiarsi il sedile durante i 17 giri finali. A spuntarla, alla fine, è il team Aston Martin (l’auto di 007, questa la sapevo), seguito da Nissan e Porsche. Questa volta, rispetto alle qualifiche del venerdì, la tensione era più marcata. C’era un premio in palio e la voglia di vincere era più che comprensibile. Forse l’emozione, o forse l’inesperienza da parte di alcuni piloti non di primissima fascia, hanno giocato brutti scherzi causando diversi contatti durante le gare. Contatti prontamente sanzionati dai commissari di gara. Ebbene sì. Proprio come un Gran Premio, anche le gare del Fia-Gt Championship sono sottoposte all’attento controllo dei commissari di gara. Una “squadra” che lavora dietro le quinte, analizzando curva per curva, sorpasso per sorpasso, eventuali comportamenti antisportivi dei piloti.
DOMENICA – “Oggi si fa sul serio”, è la frase che ho sentito ripetuta come un mantra durante tutta la mattina. Ed effettivamente anche per chi, come me, non è avvezzo ad eventi del genere, è tangibile l’attesa per la Nations Cup, il campionato piloti. E’ il clou del weekend, la gara per la quale i migliori sim racer del mondo si allenano quotidianamente.
L’appuntamento è per le 15 al solito Pavillon Gabriel, questa volta senza blocchi stradali o tafferugli in giro. Prima del semaforo verde ho l’opportunità di scambiare due chiacchiere con un paio di piloti, il tedesco Mikail Hizal e l’ungherese Patrik Blazsán. Tra un boccone e l’altro mi raccontano la loro avventura alla console per poi salutare e avvicinarsi alla postazione gara. In 24, provenienti da 13 nazioni diverse, si contendono il titolo. Si parte da due semifinali e un turno di ripescaggio. Solo allora si conoscono i nomi dei finalissimi, tra i quali compare anche il nostro Giorgio, quinto generale. Il trionfo parigino è di marca cilena e a conquistare il titolo è il 22enne Nicolás Rubilar, davanti a Hizal (il ragazzo che avevo conosciuto qualche ora prima) e al pilota di Hong Kong Kai Hin Jonathan Wong. Sul podio esplode la gioia, Rubilar chiama sul gradino più alto il fratello e il compagno di nazionale Fabián Portilla. Sull’inno nazionale non trattiene le lacrime. Piange. Sorride. Festeggia. Anche uno sport virtuale sa dare emozioni. Intense. Vere.
Con la finalissima e la premiazione si è chiusa la mia prima esperienza ad un live di grandi dimensioni. Superorganizzato, in ogni minimo dettaglio. Non sarà stato l’Iem di Katowice, non ci saranno state arene da decine di migliaia di posti, ma ho vissuto tre giorni immerso in un mondo che pensavo fosse in realtà più asettico, meno tangibile, più astratto. Mi sono ritrovato a sospirare davanti ai sorpassi azzardati, a tifare per Giorgio perché guadagnasse posizioni in pista. Negli occhi di questi ragazzi ho visto la voglia di provarci. Sognano tutti di pilotare un’auto vera e questo è solo l’inizio.