Gli esport e la riforma del sistema sportivo italiano

Nei giorni scorsi i principali media italiani hanno riportato la notizia della missiva inviata dal Cio, Comitato olimpico internazionale, al Coni, Comitato olimpico nazionale italiano. Chiaro il messaggio: la politica che entra nello sport preoccupa il Cio. La lettera, non a caso, giunge dopo l’approvazione (martedì 6 agosto, in via definitiva dal Senato) della Riforma del sistema sportivo italiano. Una riforma che per il Cio stona fortemente con i principi della Carta Olimpica, in quando ridimensionerebbe l’autonomia del Coni.

La lettera del Cio, che ha in seguito “convocato” per settembre a Losanna i rappresentanti di Coni e Governo italiano, ha avuto un primo effetto concreto: il fatto di far parlare i giornali sui contenuti della riforma voluta dal Governo, finora illustrati, ma senza approfondite analisi. Stando alla presentazione fatta dal Governo alla stampa la riforma, economicamente, appare tutt’altro che negativa. Garantisce, innanzitutto, maggior stabilità finanziaria allo sport italiano. Di fatto il Governo stabilisce che ogni anno ci sarà un minimo di 408 milioni dedicati agli sport, dei quali 40 milioni direttamente tramite il Coni e 368 milioni tramite Sport e Salute, il nuovo soggetto che di fatto sostituisce Coni Servizi, che si occuperà di organismi sportivi, funzionamento del CONI, antidoping, strutture territoriali e promozione sportiva. Ai 408 milioni si potranno aggiungere i proventi dal gioco d’azzardo legato allo sport, in cifra variabile di anno in anno. Detto così non sembra affatto male: Sono numeri in controtendenza con gli anni scorsi, quando il settore sportivo nazionale ha visto sempre scendere i contributi statali.

La stabilità finanziaria sicuramente darebbe la serenità per avviare, in seno a qualche federazione, progetti nuovi e più in generale, a livello di Coni, per far partire qualche sperimentazione che guarda al futuro. Come non pensare, in quest’ottica, agli esport. Tante volte abbiamo fatto ipotesi, e oltre a queste sappiamo per certo (e abbiamo già raccontato) di alcuni incontri svolti, all’interno del Coni, proprio per lanciare un progetto relativo ai videogame competitivi. Questo il succo: la sicurezza di un finanziamento stabile può sicuramente stimolare ragionamenti più sereni.

I dubbi, ed è questo che ha spinto il Cio a prendere carta e penna, stanno nell’organigramma di Sport e Salute, ora ridotto ad un presidente amministratore delegato (nominato dal Governo) e due soli componenti del CdA, entrambi di nomina ministeriale (contro i 5 membri precedenti) e nei decreti attuativi previsti dal nuovo impianto di legge. Da qui il timore di una politica un po’ troppo determinante sulle sorti dei nostri sport nei prossimi anni, con l’ordinamento sportivo che di fatto diverrebbe succube dell’ordinamento statale. Insomma: ok, ci sono più soldi, ma oggi più di ieri sarà la politica a decidere come spenderli, e questo potrebbe orientare i flussi e favorire qualcuno a discapito di altri, e farlo, magari, al di là dei meriti effettivi.

Ora dunque il Cio attende un incontro con il Coni e con il Governo (quale Governo, non è dato saperlo), ed è in parte vero che, nella peggiore delle ipotesi, l’Italia potrebbe essere esclusa dai giochi di Tokyo 2020 (gli atleti potrebbero comunque gareggiare come indipendenti) e, forse peggio, vedersi togliere l’assegnazione delle Olimpiadi invernali Milano-Cortina, ma al momento sono ipotesi piuttosto remote. Ma anche se non si arrivare a vedere l’Italia “punita” come è stato in passato per l’Iraq e il Kuwait, c’è da scommettere la situazione attuale qualche ripercussione immediata ce l’avrà.

L’incertezza, l’insicurezza, il timore che sia cambiato tutto senza che in realtà cambi nulla… concetti ai quali in Italia siamo già abituati, aggravati ora dalla mancanza di un Governo stabile, possono contribuire alla creazione di una situazione di stallo nella quale ogni progetto (vecchio e nuovo) verrà probabilmente congelato. Quantomeno sino al nuovo pronunciamento del Cio. E questo vale anche per tutto quel che riguarda gli esport. Se qualche settimana fa c’era stato un barlume di speranze di un’apertura olimpica che partisse proprio dal nostro Paese, ora conviene mettersi di nuovo l’animo in pace e attendere. Sia chiaro, c’è chi ci lavora ancora, e seriamente, ma ora deve sperare che qualcuno, per troppa smania di protagonismo, non trasformi tutto in un fragile castello di carta.

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