Allenarsi è la chiave per il successo nei videogiochi competitivi, ma allenarsi non vuol dire giocare per otto ore al giorno, tutti i giorni, nella playlist competitiva. Per migliorare bisogna studiare o il rischio è di finire in una spirale di sconfitte che abbatte il morale e vi allontana dai vostri risultati piuttosto che avvicinarvi.
Negli esports è fondamentale separare il gioco dall’allenamento ovvero quelle partite che servono a divertirsi e quelle che servono a migliorare. Il discrimine? Lo studio. Quando una partita è di allenamento, specie se importante e specie se in un gioco di squadra, è fondamentale capire perché è arrivato il risultato che è arrivato.
In caso di vittoria bisogna capire come sono stati sfruttati i punti deboli degli avversari, in caso di sconfitta, è indispensabile capire dove le strategie preparate in precedenza hanno fallito. Questa iterazione è la chiave per il successo perché è solo così che una squadra può crescere.
Qualunque coach vi dirà che tanto è il tempo passato a giocare, tanto è il tempo speso a guardare i vod, a studiare la mappa e a sperimentare strategie e rotazioni nelle partite personalizzate. Se siete giocatori solitari o alla ricerca di un team, toccherà a voi resistere all’impulso di giocare ancora e ancora per provare il vostro valore.
Questo regime di allenamento, poi, non può essere la vostra quotidianità. Allenarsi in modo intensivo deve essere riservato alle settimane immediatamente precedenti a un torneo, grande o piccolo che sia. Fare qualcosina quasi tutti i giorni, però, è altrettanto importante, soprattutto per la memoria muscolare
Nel caso degli sparatutto amatoriali, per esempio, sarebbe l’ideale fare pratica con la mira tutti i giorni per diventare ancora più precisi e letali. Mentre, invece, dovrebbe esserci una serata alla settimana in cui ritrovarsi con il resto della squadra per competere e studiare le partite. Quando mancano due o tre settimane a un torneo, poi, i ritrovi la sera passano da uno a tre con ancora più tempo dedicato allo studio e alla pratica delle strategie.
Mettersi a capo chino e giocare ancora e ancora è la scelta più sbagliata possibile, soprattutto dopo una sconfitta. Continuare a giocare da arrabbiati può fare molto male alla vostra performance, per questo è indispensabile essere onesti con sé stessi e capire quando è stato raggiunto il limite sia di sopportazione sia di performance.
Come si fa a capire se si è al limite? I segnali sono diversi: la rabbia è forte, la pazienza è poca, si cominciano a incolpare i compagni o altri fattori al di fuori del proprio controllo, tremano le mani, il respiro accelera e i muscoli si contraggono. Non fa bene alla squadra e non fa bene ai vostri progressi continuare a giocare se sentite una o più di queste cose tutte insieme. Fermatevi, riposatevi e tornate a competere quando vi sentirete al vostro meglio
“La sconfitta è solo un passo verso la prossima vittoria” ci ha detto Guglielmo “GUGLi” Carraro, assistant coach dei Cloud9 e le sue parole devono risuonare nella testa di chiunque voglia competere per non permettere a quando si perde di far perdere la voglia di giocare.