L’incontro della scorsa settimana al Ministero della cultura ha posto Iidea al centro dell’attenzione: ecco tutte le dichiarazioni.
La settimana scorsa al Ministero della Cultura si è tenuto l’incontro organizzato da Iidea per raccontare e presentare alla politica, e con la politica aggiungeremmo, il settore videoludico. Sia come videogioco in sé che come competizione, ovvero i cosiddetti esports. È stata un’occasione per l’associazione italiana di categoria del mondo dei videogiochi di dare voce a diversi esponenti del settore, sia di realtà italiane che internazionali, che hanno fornito un quadro sufficientemente chiaro della situazione, delle prolematiche e delle possibili soluzioni.
Politica presente
Ad aprire i lavori è stata la sottosegretaria del Ministero della Cultura Lucia Borgonzoni: “Quando si parla di videogiochi si parla di prodotti che nascono dalla creatività di imprese culturali, quindi bisogna parlarne al Ministero della Cultura. Noi stiamo investendo molto sulle imprese culturali e abbiamo inserito questo termine nel disegno di legge del made in italy”. Il riferimento è verso coloro che pensano che gli esports debbano necessariamente essere collegati agli sport tradizionali ed essere disciplinati in tal modo. Di contro, invece, la Borgonzoni, in quota Lega, punta a inserire i videogiochi e i settori collegati sotto il Ministero della Cultura.
“E’ importante poter inserire questo comparto nella cultura perché racconta la nostra cultura attraverso uno strumento che ha un’espansione mondiale, più di tanti altri prodotti. Inoltre è anche uno strumento utile per l’insegnamento nelle scuole per aiutare quei ragazzi che hanno difficoltà in apprendimento che in questo modo posso diventare ancora più bravi”, ha affermato la Borgonzoni. “L’incontro di oggi è volto a capire come potere colmare un vuoto normativo e ci sarà anche l’aiuto delle istituzioni perché questa discussione ritengo che debba passare anche per il parlamento e deve avere l’apporto dalle audizioni in aula. È fondamentale perché è un settore che crea lavoro, e visto che parliamo di creare lavoro per i giovani sicuramente questo è un modo per poterlo creare”.
Le parole degli addetti al settore
Per Brambilla, vicepresidente di Iidea e responsabile della sezione esports, “l’Italia si trova in un livello embrionale e serve un dialogo con le istituzioni. Per promuovere il settore stiamo portando avanti tanti studi e abbiamo portato le imprese italiane all’estero. Ci tengo a precisare due cose importanti. Una riguarda la parte socio culturale che gli esport e i videogiochi svolgono sul mercato e l’altra che è fondamentale abbattere quei muri per essere competitivi da un punto di vista internazionale. Sono certo che siano i passi giusti che possiamo fare con delle nuove normative e sono convinto che l’Italia possa diventare uno dei primi stakeholders da un punto di vista internazionale”.
Di avviso simile Carlo Barone, Brand Manager di Riot Games, uno dei più importanti publisher al mondo: “Il concetto di publisher è un concetto che va un po’ ampliato, è il proprietario dell’infrastruttura. Il gioco non è limitato al software ma c’è dietro un’infrastruttura che consente che quel gioco possa funzionare e viaggia su tecnologie importanti, costose e innovative. Oggi è importante che il videogioco sia protetto da chi cerca di barare soprattutto nelle competizioni. Il ruolo del publisher è quello di dare un sistema di tutele. A farlo bene siamo in pochi, ci sono tantissime variabili e criticità e ci sono tantissime particolarità locali perché anche se siamo globali ogni nazione e città e gruppo di amici ha le sue esigenze e la sua maniera di vivere. Non si può fare tutto ma si cerca di rispettate tutto quello che rappresenta queste peculiarità”.
A prendere la parola è poi stato Parnofiello, ceo di PG Esports, uno dei più importanti tournament organizer italiano che ha parlato degli eventi legati agli esports: “All’editore viene richiesto di conoscere l’importanza di intervenire nel mercato locale. Questo tipo di eventi, infatti, ingaggia persone, aumenta prestigio e fa crescere l’interesse dei consumatori. L’organizzatore di contro deve provare a mettere a terra un buon sistema, garantire la legittimità con regole precise, mettere gli attori nella condizioni di esprimersi. Se l’editore e organizzatore hanno fatto un buon lavoro l’utente torna a casa soddisfatto”.
La questione culturale
Luca pagano, dei Qlash, ha invece raccontato il ruolo dei team: “Il ruolo dei team è fondamentale, siamo pionieri e stiamo esplorando un territorio nuovo, in altri paesi gli esports sono emersi, in Italia ci stiamo arrivando ma ogni paese ha caratteristiche diverse. In Italia parliamo di un’industria nata circa quattro anni fa e le nostre sono aziende che trattano videogiochi ma sono tutto meno che giochi per noi che ci lavoriamo. I nostri più stretti collaboratori sono comunque i videogiocatori che ci fanno capire le dinamiche del gioco. Quelli che oggi giocano e stanno lavorando per noi, hanno un futuro splendente perché diventeranno i manager e imprenditori i di questa industria destinata a crescere”.
Sempre pagano ha poi puntato il dito sulla questione culturale: “A livello culturale alcuni stanno sottovalutando il movimento, pensiamo ai giovani che sono cresciuti giocando, quando loro diventano genitori sarà molto più istintivo facile e naturale videogiocare e passare del tempo con loro. Sono convinto che stiamo per entrare in una rivoluzione socioculturale importante anche dal punto di vista economico. Ora si parla di competizione, la competizione esport è fra due diversi giocatori e per definizione ci sta interazione tra di loro. I giovani sono abituati a giocare gli uni contro gli altri, fanno parte di gruppi di amicizie dove c’è la passione comune per un gioco. Pensiamo al fatto che molti di loro giocano indipendentemente dal pese, religione o sesso. Basti pensare che il 46% dei giocatori sono donna, cosa che ci fa capire la portata della rivoluzione e del cambiamento”.
Organizzazione esports: squadra o azienda?
Bertelli, portavoce dei Reply Totem, ha posto invece l’accento su come dovrebbero essere interpretate le organizzazioni esports. Non come un club sportivo ma più come un’azienda di intrattenimento. “Essere un team significa essere un’azienda, in Italia abbiamo anche associazioni ma la differenza sostanziale è che le aziende competono a livello nazionale e internazionale con giocatori professionisti. Il giocatore viene messo in condizione di lavorare e gli viene dato sostegno anche a livello psicologico. Tutto questo innalzarsi dell’attenzione sul videogioco ha fatto sì che tutti i team si andassero a strutturare sempre di più con coach, analisti, preparatori e psicologi”.
Bertelli ha anche raccontato le varie professioni presenti nell’esports: “Ci sono tante professionalità: una parte più creativa con videomaker, grafici, tutta la comunicazione per i giovani è digitale sui social, i social media manager piuttosto che giornalisti. Oltre a questo ci sono delle potenzialità che vanno oltre la singola professione che ti danno la possibilità di sviluppare delle verità che sono spendibili nel mondo del lavoro. Un manager dell’azienda esport è esattamente come altri. Quello che invece è particolare è l’aspetto competitivo dove abbiamo coach specializzati, giocatori e tante altre figure”.
Tra gli addetti ai lavori ha poi concluso il discorso Simone Mingoli dei Dsyre, organizzazione che vanta una proficua collaborazione con la Juventus sia su Fifa che su Rocket League: “Il successo secondo me non si ferma soltanto su quanto un giocatore può aver vinto ma ci vuole una visione più ampia. Guardando la prospettiva dall’alto, quel successo sta da altre parti e non solo sul campo, bisogna creare un’impalcatura e un sistema che possa reggere. Il successo dunque sta nella nostra costruzione, nel mettere insieme un gruppo positivo all’interno del quale essere umani riescono a condividere valori e spingerli in una certa direzione. Q8iesta è la grande sfida che dobbiamo affrontare”.
Da Singapore a Roma
Mollicone, senatore di Fratelli d’Italia, ha posto l’accento sulla necessità di normare il settore a livello legislativo. “Gli esport si sono distinti per un percorso indipendente di sviluppo sfruttando la libertà della rete. Non possiamo far finta di nulla ma dobbiamo dare una risposta come legislatori alla luce anche dei numeri: ad esempio i campionati di esports di League of Legends hanno radunato 5,1 milioni di persone. Il comitato olimpico sta dando attenzione al fenomeno e a giugno si è svolta a Singapore la seconda edizione delle Olympic Esports Series. Continueremo a lavorare con le associazioni sportive del settore con l’obiettivo di diffondere un segnale di corretto utilizzo dei videogames facendo crescere e sviluppare l’industria ma mantenendo equilibrio sul corretto utilizzo dei device”.
Aggiunge inoltre una breve visione sull’Italia: “Di recente sono state fatte scuole di formazione per commentatori, allenatori e si è creato un piccolo ecosistema. Non bisogna avere paura dell’innovazione ma bisogna dare una forte rete di regole e per gli esports è uguale. Queste questioni devono essere portate avanti e la commissione che seguo sta portando avanti un’indagine conoscitiva. La domanda è dove può arrivare questo mondo, e il documento finale avrà una parte specifica sugli esports e saremmo la prima commissione parlamentare che si è occupata del tema”.
L’aspetto legale
Infine un aspetto importante è senza dubbio quello legale di cui si è occupata Simona Lavagini, legal counsel di Iidea. “Iidea ha delle grandi ricchezze, conosce bene il settore e può dare un apporto anche da un punto di vista internazionale. Temi fondamentali, il primo un approccio nuovo, su misura che tenga in considerazione che gli esport hanno bisogno dir regole che non devono essere prese da comparti diversi. Alcuni principi generali sono poi l’importanza culturale e sociale dei videogiochi che sono la base. Inoltre bisogna assicurare che queste competizioni si possano svolgere in Italia nel rispetto dei principi generali”.
L’ultimo punto di Lavagini riguarda invece lo sforzo necessario per porre anche in Italia le condizioni per lo sviluppo del settore. “Terzo punto fondamentale è che bisogna lavorare per chi ostacola l’attività del nostro paese, da una parte dobbiamo lavorare per favorire investimenti internazionali e dall’altra bisogna creare le condizioni perché gli operatori facciano business e si possano affacciare sul mercato internazionale. Inoltre è necessario dare delle definizioni e certezze giuridiche, allineandosi ai riferimenti legislativi europei”.