I videogiochi sono una delle forme di media più popolari al mondo, per un valore di circa 90 miliardi di dollari a livello globale. Tante le nazioni che sono riuscite ad imporsi nel mercato, non solo per quanto riguarda l’Occidente e l’America.
Un rapporto del 2019, fatto dalla società di consulenza Frost and Sullivan, ha classificato l’Arabia Saudita come il diciannovesimo mercato di gioco più grande del mondo in termini di fatturato. Il valore economico stimato si aggira intorno agli 837 milioni di dollari. Una cifra che dovrebbe crescere ad un tasso annuo composto del 22,5% tra il 2021 e il 2025.
Tuttavia, nonostante la popolarità regionale dei videogiochi, i giocatori arabi stanno provando ad alzare la voce per essere tutelati. Spesso, infatti, la loro lingua e la loro cultura sono state rappresentate in maniera negativa dall’industria videoludica. Da qui, la richiesta esplicita per una maggiore inclusione e consapevolezza culturale, soprattutto nei giochi con un budget più importante.
Gli stessi sviluppatori sauditi stanno cercando di ampliare gli orizzonti per rompere ogni pregiudizio, ma senza risultati fino a questo momento. Trovare popolarità fuori dal Medio Oriente è davvero complicato e la situazione peggiora ulteriormente quando subentrano anche le discriminazioni. “Eravamo a lavoro su un gioco chiamato Areeb World – ha ammesso Abdullah Konash, sviluppatore di giochi indie – e abbiamo dovuto far fronte ad una serie di attacchi online. Solo perché si trattava di un gioco prodotto da arabi”.
Pubblicato su Steam nel 2015 dalla società di software saudita Remal Ventures, Areeb World era un gioco a carattere educativo. Dopo il lancio, però, molti sono stati gli attacchi gratuiti ricevuti dalla squadra che ci stava lavorando. Così, gli stessi sviluppatori hanno deciso di accantonare il progetto.
“Anche se abbiamo visto alcuni commenti che erano incoraggianti e che offrivano un feedback reale – ha proseguito Konash -, abbiamo dovuto subire tantissime prese in giro per la nostra religione“. Molti dei commenti, infatti, discriminavano la cultura araba con un’ironia becera. Una vicenda triste che evidenzia ancora una volta quello che è uno dei problemi legato ai videogiochi, ovvero la tossicità di alcuni individui.