Il ruolo della salute mentale e fisica negli esports

Quando la psicologia dello sport ha visto un diffondersi sistematico del suo utilizzo negli anni ’80, il suo impatto è stato dirompente anche a causa dello stigma nei confronti della psicoterapia che ancora oggi è diffusissimo nella nostra società. I risultati, però, non hanno tardato ad arrivare: gli atleti seguiti da uno psicologo hanno performato generalmente meglio (nel nuoto andavano addirittura 1,5 secondi più in fretta in media) alle Olimpiadi del 1992 di Barcellona e nel 2020 Vito Dell’Aquila, prima medaglia d’oro per l’Italia nel taekwondo, ha detto che il trionfo è arrivato “solo grazie alla testa”, in riferimento al lavoro fatto con lo psicologo dello sport Giuseppe Pizzolante.

La psicologia ha cambiato non solo lo sport, ma anche gli esports perché la pressione a cui è sottoposto un atleta olimpico in finale è la stessa che si sente sul palco del match decisivo dei mondiali di League of Legends: l’opportunità di scrivere il proprio nome e le proprie gesta nei libri di storia. Performare ad alti livelli ha un costo in termini di energie non solo fisiche ma mentali, e per questo la salute della mente, nello sport come negli esports, è fondamentale per ottenere dei risultati.

Ogni team di alto profilo ha il suo psicologo interno, dai Vitality ai G2 passando per Cloud9 e Fanatic, e anche le squadre più piccole sanno che servono momenti di confronto, riflessione e gestione del proprio bagaglio emotivo per ricordarsi le tante ore di allenamento e pratica quando la tensione è al massimo. La salute mentale, quindi, è fondamentale per il videogiocatore competitivo: tanto per vincere quanto per non lasciarsi abbattere dalle sconfitte, inquadrandole solo come il prossimo passo verso la vittoria.

Le squadre esportive, poi, hanno cominciato a investire molto anche nella salute fisica dei loro giocatori. Non solo per seguire l’antico detto latino della mente sana nel corpo sano, ma perché videogiocare tanto può essere dannoso per il fisico se non si prendono le giuste contromisure e non si allenano i muscoli corretti.

Siamo ben oltre, a livello di disciplina, lo stereotipo secondo cui stare seduti tutto il giorno a giocare ai videogiochi fa male. Gli atleti esportivi seguono, soprattutto durante i bootcamp, regimi alimentari preparati da specialisti, routine di esercizi quotidiani per la salute del corpo e hanno sessioni con il fisioterapista per prendersi cura di spalle, gomiti, polsi e schiena, i luoghi dove si concentra la tensione mentre si gioca.

Avere il controllo sulla propria salute mentale e fisica è un requisito che i team più blasonati cercano assieme alle qualità in game di un potenziale nuovo entry fragger o midlaner. Queste, e in molti non lo sanno, sono le due aree dove un aspirante pro player può migliorare in modo davvero tangibile se vuole raggiungere nuovi traguardi esportivi. Mangiare bene, muoversi e iniziare un percorso di terapia o di counseling avrà un impatto percepibile sulla vostra performance.

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