Molestie, insulti, commenti inappropriati, così un bel gioco può arrivare perfino a fare schifo. Le esperienze di gaming, si sa, possono essere piacevoli o meno, ma ciò dovrebbe dipendere dai risultati (dall’abilità, propria e dell’avversario), non da fattori esterni, che non c’entrano nulla con questo mondo. Eppure i comportamenti scorretti sono tanti: abbiamo parlato molto dei cheater, il fenomeno più fastidioso, ma anche i giocatori molesti sono un bel problema. Da dire che il mondo eSports, con la sua esposizione, tutela “leggermente” da comportamenti di questo tipo, ma il fenomeno è comunque da osservare, in attesa di vedere se qualcuno intende far qualcosa.
LA LETTERA – Per questo abbiamo deciso di pubblicare la lunga email ricevuta qualche giorno fa da un nostro lettore che racconta una brutta esperienza di gioco con il famoso titolo Player Unknown BattleGround. La mail di Carlo C. propone alcuni spunti importanti in merito ai quali, nei giorni scorsi, abbiamo provato a interpellare Bluehole, che normalmente sappiamo essere attenta al mancato rispetto del regolamento, senza purtroppo ottenere ancora una risposta. Ma ecco il racconto del nostro lettore: “Qualche sera fa, d’accordo con un amico che abita in un’altra città, mi sono messo a giocare con Pubg, eravamo in team con un ragazzo canadese e altri due teammate, di un paese arabo. Recuperata un’auto li avviciniamo per farci salire e questi lanciano una granata nell’auto facendoci morire tra le loro risate”.
ITALIA MAFIA, COME HERE! – Ma il vero racconto surreale di Carlo inizia ora. “Qualche sera dopo sono tornato a giocare a Pubg ma l’esperienza è stata ancora più assurda: stavolta ero da solo, e fin dall’inizio due ragazzi dall’improbabile accento inglese (un paese dell’Est Europeo, forse una ex repubblica Urss, da come Carlo descrive la bandiera, ndr) hanno cominciato a gridare il mio nome dicendo “Carlo Italia Mafia, Carlo Italia Mafia, come here”. Così, sull’isola io sono andato per i fatti miei spegnendo l’audio per non sentirli.
IL RINGRAZIAMENTO – Il bello però, chiamiamolo così, doveva ancora venire. “Avevo recuperato il loot necessario, eravamo rimasti in pochi, c’era una buona possibilità di vittoria ma…”. Già ma la follia ha continuato ad avere il sopravvento. “Ho visto i due teammate che si avvicinavano in macchina – continua il nostro lettore – e ho pensato che gli fosse passata la scimmia e volessero collaborare per la vittoria. Quando sono scesi dall’auto ho notato che dietro a loro c’era un nemico pronto a sparare, così sono uscito dal nascondiglio per difenderli. L’ho fatto fuori e loro, per tutta risposta, hanno cominciato a colpirmi con una padella continuando a gridare “Italia Mafia. Italia Merda” fino a che, ridendo come dei pazzi, mi hanno ucciso. Ridevano come pazzi, li ho seguiti ancora un poco e anche dopo avermi fatto fuori continuavano a gridare insulti contro all’Italia.” Carlo continua raccontando di esserci rimasto talmente scosso da chiudere subito l’app (gioca da smartphone) e non rientrarci più.
ALCUNE RIFLESSIONI – A leggere il racconto, dell’insistenza degli insulti e dell’epilogo, siamo rimasti infastiditi pure noi. Anche in un gioco che dovrebbe essere solo divertimento, riescono a emergere insulti legati al paese d’origine e a stupidi stereotipi, quando non epiteti dettati da altre questioni come il sesso o la razza. “Italia Mafia” non è un insulto al solo Carlo, ma a un intero Paese, e non ci pare di aver preteso troppo chiedendo a Bluehole di intervenire con decisione in casi del genere. La segnalazione che abbiamo fatto (il 27 dicembre scorso) come redazione di eSportsMag direttamente tramite il profilo Facebook dell’azienda, non ha tuttavia ancora avuto risposta.
PUBG, GIOCO SELVAGGIO E SENZA REGOLE? – Pubg pare essere, al momento, un terreno selvaggio dove ognuno è libero di comportarsi come vuole, senza alcuna regola, e senza alcuna punizione se non quando chi gioca in modo scorretto mette a repentaglio i guadagni dell’azienda. Dal racconto di Carlo (piuttosto lungo, l’abbiamo sintetizzato molto) si comprende che i due hater (non troviamo un termine migliore) erano giocatori piuttosto in gamba, quindi non certo alla prima partita. Se il gioco diventa stress e ansia, come emerge dal racconto del nostro lettore, se il gioco non è più divertimento, passatempo, ma diventa timore di incontrare altri soggetti che insultano e ti cacciano fuori dalla partita, chi lo controlla dovrebbe avere la capacità di intervenire con capillarità. A margine ci sarebbe anche molto altro, sulle potenzialità informative ed educative che potrebbero avere i videogiochi, con la loro capillarità, ma limitiamoci al fatto che al di là del sentirsi indignati come italiani (questione che lascia il tempo che trova di fronte alla stupidità di due ragazzotti) il racconto fa riflettere sull’immagine che continua ad esserci dell’Italia all’estero: può far qualcosa il mondo videoludico, o dovrebbero essere i giocatori italiani a boicottare Pubg a favore magari di giochi più regolamentati? Voi che ne pensate?