La Legge degli esports: le posizioni di Francia, Spagna e Germania

Secondo appuntamento con lo Studio legale Ontier Pardo Vicenzi (nel riquadro, nella foto di copertina, l’avvocato Giulio Ciompi, Senior Associate dello Studio Ontier Pardo Vicenzi), proseguendo il percorso nell’attuale inquadramento giuridico, a livello globale del fenomeno degli esports. Dopo la prima parte, incentrata su quanto fatto sino ad ora in Italia e sulla posizione del Cio nei confronti degli esports, l’excursus continua con la presentazione dell’inquadramento del gioco competitivo negli altri principali paesi europei, in particolare Francia, Spagna e Germania. Proseguiremo nelle prossime settimane con i percorsi intrapresi dagli altri paesi del mondo nei quali gli esports costituiscono da tempo una nuova forma di intrattenimento, prima ancora che un investimento.

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FRANCIA: una disciplina in ambiti specifici

Il gaming competitivo trova ambiti specifici di disciplina negli articoli 101 e 102 della Legge del 7 ottobre 2016, per la cui attuazione sono stati emanati due diversi decreti: il Decreto 871 che regola l’organizzazione degli eventi ed il Decreto 872 che disciplina lo status di giocatori professionisti di videogiochi competitivi retribuiti.

Nel primo dei due Decreti è stabilito che le competizioni possono essere organizzate solo a condizione che le quote di partecipazione totali raccolte dai giocatori non superino i costi totali di organizzazione. La volontà di organizzare un evento di esports, inoltre, deve essere prima dichiarata al “Service du ministère de l’intérieur Chargé des Courses et Jeux”. Il Decreto 871 mira anche a tutelare i giocatori più giovani d’età: gli eventi che offrono premi in denaro sono severamente vietati ai minori di 12 anni; per di più, la partecipazione dei minori di 18 anni è sempre vincolata all’autorizzazione dei genitori o dei loro rappresentanti legali, così come la destinazione e la disponibilità, in capo ai genitori, della retribuzione.

Il secondo Decreto, invece, riguarda la tutela dei giocatori e le condizioni da rispettare con i giocatori professionisti. Più in particolare, è prevista l’autorizzazione del Ministro per gli affari digitali per poter ingaggiare un giocatore professionista.

La vigilanza su aspetti come l’idoneità fisica e mentale, le ore trascorse davanti allo schermo e l’adozione di misure di prevenzione da qualunque eccesso è demandata ad una apposita autorità governativa.

Si noti quindi come anche in Francia la materia degli esports non sia ricondotta nell’alveo della disciplina sportiva, ma ancora una volta rimessa alla volontà negoziale delle parti, sebbene alle condizioni ed entro i limiti pubblicistici sopra descritti a protezione dei minori e dei lavoratori.

SPAGNA: proposte legislative

In Spagna, per quanto l’ambito esports non abbia specifico riconoscimento legislativo, da tempo si va raffinando la riflessione secondo cui l’assimilazione degli esports alla disciplina sportiva semplificherebbe l’approdo ad una soluzione normativa.

Sebbene ad oggi le squadre di esports siano costituite come Sociedades Limitadas (SL), alcuni esperti ritengono che la fisionomia di dette squadre sia maggiormente aderente a quelle sportive tradizionali, e che, ai fini di una disciplina giuridica uniforme, dovrebbe essere costituita una specifica federazione.

A livello legislativo sono state annoverate, nel 2018, la proposta legislativa al Parlamento formulata dal partito politico “Ciudadanos” ed il progetto preliminare della Legge Sportiva del Governo delle Canarie.

La proposta di legge di “Ciudadanos” prevedeva uno studio di tre mesi del contesto giuridico del settore, al fine di costituire un quadro normativo che avrebbe definito la natura degli esports per tenere distinti gli aspetti competitivi di questa attività dal mondo delle scommesse e del gioco d’azzardo su internet.

Nel progetto preliminare della Legge Sportiva 2018, approvata dal Governo delle Isole Canarie, non è stata inclusa la disciplina del settore degli esports.

Ciò ad ulteriore conferma del fatto che il settore è ad oggi disciplinato attraverso l’autonomia negoziale delle parti coinvolte e con il ricorso alla normativa esistente di volta in volta applicabile, tanto in materie come il diritto del lavoro o il diritto societario quanto nel diritto della proprietà intellettuale ed industriale o nel contesto dei diritti di immagine ed audiovisivi.

GERMANIA: tra restrizioni ed aperture 

In Germania il problema di qualificazione degli esports vive una dicotomia piuttosto marcata. Nel novembre 2018 sono state infatti state rese note due posizioni distinte in materia: da una parte il Deutsche Motor Sport Bund ha riconosciuto ufficialmente le competizioni virtuali motoristiche, dall’altra il Deutscher Olympischer SportBund (DOSB) ha stabilito che i videogiochi, specialmente titoli come “League of Legends” e “Counter-Strike”, non possono in alcun modo essere classificati come sport.

Mentre la decisione del Deutsche Motor Sport Bund si limita al settore dei videogiochi automobilistici, il DOSB – che non cita mai il termine esports, bensì utilizza il termine eGaming – resta volontariamente generico ed omnicomprensivo, andando dapprima ad escludere che tutti quei videogiochi che non si basano su attività sportive possano configurarsi quale sport propriamente inteso e, successivamente, definendo “sport virtuali” (e non, dunque, sport) le attività di gioco su videogiochi che rappresentano sport reali quali, ad esempio, calcio e basket.

A parere del DOSB, tra le ragioni che impediscono di considerare gli esports (o gli eGaming) quale sport vi sono:

  • il rischio di dilagante dipendenza da videogiochi, ormai annoverata tra le malattie ufficialmente riconosciute;
  • il carattere eminentemente commerciale dell’offerta di eGaming presente sul mercato (“la stragrande maggioranza delle offerte di eGaming segua una logica esclusivamente commerciale basata sul business”);
  • l’assenza, nell’eGaming, dei principi etici fondanti lo sport propriamente inteso.

Ciononostante, quasi in controtendenza con la decisione del DOSB, il governo federale tedesco ha annunciato, nell’ambito delle nuove modifiche alla legge sull’immigrazione qualificata, un visto dedicato per giocatori e professionisti di esports, con norme che dovrebbero entrare in vigore in questa primavera.

Il visto consentirà un più agevole reclutamento di giocatori ed allenatori da paesi al di fuori dell’Unione Europea, al fine di permettere un accesso semplificato a tornei e campionati di sport virtuali.

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