La regolamentazione degli esports in Italia: cosa c’è da sapere

Uno dei più importanti panel di Round One ha trattato la regolamentazione degli esports in Italia partendo dalla situazione legislativa attuale.

Si può partire dalla legislazione attuale, che tuttavia non è sufficiente vista la specificità del settore. Questo è solo uno dei temi emersi dal panel su “La regolamentazione degli esports in Italia: cosa c’è da sapere”, che ha visto sul palco Simona Lavagnini (avvocato, partner Lgv Avvocati), Helene Thibault (Avvocato, Counsel di Tonucci & Partners) e Marco Imperiale (avvocato, Head of Innovation presso Studio Legale Lca)

Quali sono le norme applicabili agli esports in Italia? Come si applicano i diritti di proprietà intellettuale? Quali le regole di cui tenere conto per l’uso dei videogiochi in eventi e competizioni? Come possono strutturarsi i team per realizzare i loro obiettivi? Come si differenziano gli esports dallo sport? L’appuntamento, moderato dal nostro direttore Alessio Crisantemi, ha provato a dare qualche risposta a queste e a molte altre domande che il mondo esports si sta ponendo da qualche tempo.

“Occorre ricordare che il videogioco è al centro dell’esperienza esports”, ha ricordato esordendo Simona Lavagnini. “Videogioco è software, testi, dialoghi, musiche che formano un’opera composta che consente l’interazione, o la competizione in questo caso. Il videogioco è sempre stato considerato opera dell’ingegno, perché è fondamentale il requisito della creatività, come ha ribadito la sentenza del caso che ha visto Nintendo contro PC Box, con la quale la Corte di Cassazione italiana ha stabilito che i videogame sono un linguaggio complesso che non può essere ridotto a solo software.

“L’esports, in questo sento”, ha spiegato Lavagnini, “è un gioco che cambia le regole del gioco perché le opere dell’ingegno sono tutelate da diritti esclusivi che ne vietano l’utilizzo, con il sistema legislativo che si basa sul riconoscimento di un remunerazione che deve essere garantito all’autore, ma con alcune eccezioni”. Come quando entra in campo il diritto all’informazione, l’utilizzazione per procedimenti giudiziari, la citazione in eventi culturali ed educativi. “Questi”, aggiunge l’avvocato, “limitano il diritto d’autore, armonizzando il diritto di duplicazione e di comunicazione in pubblico, mentre nessuna eccezione su occupa di limitare il diritto d’autore per le manifestazioni sportive, che non rivestono caratteristiche di violazione del diritto d’autore”.

Ha parlato invece dell’opzione “smart contract” Marco Imperiale, specificando che potrebbero non essere la soluzione universale, anche perché “il mondo esports fa riferimento a un novero ampio di stakeholder” mentre “i diritti sono molto diversi da quelli dello sport”. Quando si parla di esports, ha spiegato Imperiale, “sono tantissimi gli aspetti normativi che vi possono fare riferimento, anche se penso che la disciplina attuale sia inattuabile per il mondo esportivo“.

Anche l’ordinamento sportivo non è sufficiente, dato che “dalla struttura piramidale che governa gli sport si passa a una rete; peraltro anche negli sport non tutti gli atleti sono trattati allo stesso modo (alcuni sono professionisti, altri no)”. Mentre, “sul lato esports, ci sono differenti publisher con esigenze diverse, e resta poi da capire come si potrebbero trattare i videogame non sportivi, cosa che potrebbe portare confusione tra esports e gaming”.

“Anche la disciplina sui concorsi a premio”, spiega l’avvocato, “è inconciliabile, così come quella sugli skill game”.

“L’unica via”, secondo Imperiale, “è l’autoregolamentazione”. Un aspetto che ha molti lati positivi, e che “potrebbe favorire investimenti, assecondando la velocità e le evoluzioni continue del settore”, oltre a “evitare ulteriori stratificazioni normative, riconoscendo il lavoro dei publisher e rendendo possibile un intervento su diverse aree (cheating doping, bans, ma anche risoluzione controversie, arrangements, contrattualizzazione dei giocatori, heatlhcare, gaming disorder)”.

Questo perché, sottolinea l’avvocato, “il mondo esports va dannatamente veloce, il mondo legislativo va dannatamente lento“, per questo gli smart contract potrebbero essere, oggi, la soluzione migliore, trattandosi di “algoritmi strutturati che possono essere presi in considerazione in ottica collaborativa fra publisher e mondo olimpico, come base di dialogo”.

Ha parlato invece di come un team esports deve strutturarsi per poter affrontare le sfide nel settore Helene Tibault. “C’è una certa eterogeneità del settore esports in Italia, caratterizzato dall’assenza di regolamentazione e dalla frammentazione. Occorrerebbe istituire un sistema un circolo virtuoso di competenze che abbia un effetto strutturante per l’intero sistema”.

“Non c’è solo la struttura”, ha spiegato l’avvocato, “ma è importante anche come ci si presenta. L’area esports ha sicuramente un versante competitivo, ma è solo parte delle attività del team”.

Uno dei grossi limiti, attualmente, consiste nel fatto che “gli esports non rientrano tra gli sport del Coni”, pertanto Asd e altri associazioni nelle quali essi operano, sono escluse dai vantaggi, anche economici, che il mondo sportivo potrebbe garantire.

Serve professionalizzazione dell’azienda e del suo personale interno”, ha continuato Tibault, “e ciò si raggiunge assumendo le persone con le competenze giuste all’interno della propria realtà (anche con figure tecniche che possono fluidificare le funzioni legali, come anche il Dpo, responsabile della privacy, Ciso) e mirando a un inquadramento corretto del pro player.

“Non essendoci una normativa specifica in Italia i riferimenti normativi, anche per gli esports, sono il diritto del lavoro e il codice civile, con un inquadramento che per molti può essere quello del collaboratore autonomo (continuativo o occasionale). Occorre pensare non solo a garantirsi un’esclusiva delle competizione, ma anche a gestire a 360 gradi delle attività del pro player (come per la realizzazione di contenuti, ad esempio)”, ricordando che “nel contratto andrebbero definiti anche i termini di condotta.

Approccio e mentalità“, chiosa Helene Tibault, “sono importantissimi per far crescere questo settore. Occorrono regole sanzionatorie, preparazione fisica e mentale, tutto coordinato con una gestione equilibrata dei rapporti contrattuali”.

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