L’epic fail di Epic Games: ecco cosa non è eSports

L’evento chiusosi a Katowice qualche giorno fa quest’anno era attesissimo. Alla fine dei giochi possiamo dire che, come ogni anno, anche l’edizione 2019 è stata un successo. Quest’anno, per quanto riguarda l’Italia, c’era pure una televisione generalista (Dmax, con Daniele Bossari) che si era “azzardata” a trasmettere in chiaro un contenuto eSports legato all’evento polacco. Insomma, dalle premesse lo IEM Katowice 2019 avrebbe dovuto essere un evento epocale, la consacrazione definitiva degli eSports come fenomeno mainstream, quantomeno per la scena europea. Purtroppo però lo è stato solo in parte.

Lo è stato solo in parte perché chi avrebbe potuto dare la spinta definitiva oliando tutti i meccanismi in modo da creare lo show perfetto, ha invece preferito remare contro. Parliamo di Fortnite, il gioco di Epic Games, un publisher che ha preferito preporre quello che probabilmente era un suo interesse di parte, all’interesse di un movimento mondiale che, se correttamente alimentato, ha già dimostrato il modo in cui può ripagare, a più livelli. Il torneo di Fortnite, osannato con i suoi 500 euro di montepremi complessivo, si è svolto su una mappa completamente nuova, con relativi problemi di bilanciamento (che per giochi dalla struttura così complessa solitamente avviene nei giorni successivi) e relativi bug informatici. Ed è per questo decidere di affiancare il torneo di Fortnite a quelli storici di Stracraft II e CS:GO, alla fine ha semplicemente confermato le ragioni dei detrattori.

Ora, il perché Epic Games, abbia obbligato i pro player a competere sulla nuova mappa (introdotta il 28 febbraio, poco più di 24 ore prima dell’inizio della competizione) è una questione che sarebbe interessante chiarire. Difficile tuttavia che l’azienda abbia interesse a rispondere. Difficile perché qualunque fosse la spiegazione probabilmente Epic Games si tirerebbe addosso più critiche di quante già gliene sono piovute contro. Lo ha fatto perché ha poca esperienza di eSports? Lo ha fatto perché di eSports, in realtà, non gli interessa molto? Lo ha fatto per un peccato di vanità o semplicemente perché l’occasione di Katowice era troppo ghiotta per promuovere la nuova mappa in un momento in cui Fortnite, dopo quasi due anni, sembra aver preso la via del declino?

Chi lo sa! Adesso non è la ratio di Epic Games la cosa importante. Quel che è importante è che Epic Games ha dimostrato al mondo qual è uno dei principali problemi della scena eSports. Ha dimostrato anche a chi non se ne intende di eSports cosa non è eSports. Cambiare le regole il giorno prima di una competizione così importante (o che si vorrebbe fare credere così importante), è scorretto nei confronti di professionisti che hanno trascorso settimane ad allenarsi, a studiare tattiche e strategie. Ok, le nuove regole mettevano tutti sullo stesso piano, o quasi, ma a questo punto a che pro allenarsi per mesi se poi l’ago della bilancia si sposta con decisione verso chi gode dei favori della dea bendata rispetto a chi ci mette impegno e tenacia?

Fortnite, che da gioco straordinario si è trasformato nei mesi scorsi in un vero e proprio fenomeno di costume transmediale, avrebbe potuto dare una spinta decisiva, ma non lo ha fatto. Strano che la ESL, la piattaforma Electonic Sports League, che con un’esperienza quasi ventennale si definisce leader nel mondo eSports, nulla abbia potuto per evitare di condividere l’epic fail. Probabilmente vale la regola che “basta che se ne parli”, ed è probabile che abbiano ragione loro visto che dal di fuori è comunque apparso come un grande evento, con grande partecipazione di pubblico e di pro player. Restiamo tuttavia convinti che un sistema eSports solido e duraturo si costruisca solo con serietà, coerenza e rispetto per chi ci lavora. Argomenti che Epic Games, se vuole davvero far parte del mondo eSports, deve al più presto ripassare.

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