Il modo in cui la donna è stata rappresentata nei videogiochi ha conosciuto un’evoluzione dagli anni ’80 a oggi e il percorso non è ancora concluso.
La rappresentazione della donna nei videogame è un altro tema che merita un’attenta disamina in questa rubrica. Il modo in cui le donne sono state rappresentate nei videogiochi è cambiato molto negli ultimi quattro decenni: da oggetti carini e indifesi, i personaggi femminili si sono trasformati in eroine forti e indipendenti. Siamo tuttavia ancora lontani dall’aver raggiunto l’equilibrio: gli studi di genere hanno evidenziato come, nonostante il 48% circa dei giocatori sia di sesso femminile, i personaggi maschili siano quattro volte più presenti all’interno dei videogiochi. Inoltre ricoprono spesso i ruoli principali, a differenza delle donne che si ritiene posseggano personalità di minor rilievo, venendo spesso rappresentate in maniera stereotipata.
Negli anni Ottanta il ruolo tipico della donna nei videogiochi è quello della damigella in pericolo che il giocatore ha il compito di salvare. La donna è ritratta come una delle principesse dei primi film d’animazione della Disney: inerme e in attesa che il suo cavaliere la salvi. È insomma un elemento puramente decorativo, il premio che il giocatore deve conquistare. L’esempio più noto di questo tipo di personaggio è la principessa Peach che attende di essere salvata dall’idraulico Mario nell’iconico videogioco della Nintendo.
Le principali serie videoludiche degli inizi non prevedono nemmeno personaggi femminili giocabili. Le uniche eccezioni degne di nota sono Ms. Pac-Man nell’omonimo gioco arcade del 1982 e Samus Aran, della serie Metroid. Quest’ultima può essere considerata la donna-simbolo fra le protagoniste di avventure virtuali nei primi anni di vita dei videogame. Samus è l’eroina di Metroid fin dal primo capitolo del 1986. Tuttavia, come nel caso di Tobi Masuyo (Kissy), introdotta l’anno precedente nel videogame Baraduke, il giocatore scopre il suo genere solo al termine del gioco, poiché è completamente rivestita da un’ingombrante armatura. Come se non bastasse, in Metroid sono previsti due finali alternativi che oggettificano la protagonista: i giocatori che giungono ai titoli di coda in meno di tre ore possono ammirare Samus completamente priva di armatura, mentre quelli che ci riescono in meno di un’ora possono godersi la bella protagonista in bikini rosa.
Negli anni ’90, con il successo dei picchiaduro a incontri, compaiono molti personaggi femminili giocabili, come la nota Chun-Li di Street Fighter II. Si tratta però sempre di ruoli comprimari accanto a lottatori maschi. Inoltre, alcuni di questi personaggi femminili continuano a spiccare ed essere notati soprattutto per i loro corpi, così erotici e sensuali. Nel campo delle avventure di nuova generazione, invece, appaiono diverse eroine dotate di ironia, perspicacia e spirito d’indipendenza come Elaine Marley di Monkey Island o Maggie Robbins di The Dig.
Nel 1996 scoppia una piccola rivoluzione con la comparsa di Lara Croft, la protagonista della leggendaria serie Tomb Raider. La celebre archeologa non è una semplice spalla impotente, ma una donna forte e indipendente, al centro di un’intera serie di videogiochi. Pur essendo diventata un’icona femminista, la Lara Croft degli esordi ha ancora un’immagine da donna ipersessualizzata, stereotipo femminile tipico del mondo gamer. Ha proporzioni fisiche innaturali, con un seno da maggiorata e una vita minuscola, ed è vestita con un paio di pantaloncini striminziti e una canotta aderente e scollata.
Ma nel 2013 la sua immagine si evolve con Rise of the Tomb Raider. In questo videogioco Lara Croft appare molto diversa dall’eroina degli anni Novanta. Il nuovo titolo opera una rilettura dell’estetica e del personaggio, che diventano più genuini e meno sessualizzati. La Lara del 2013 ha forme meno generose e non indossa più abiti che poco lasciano all’immaginazione, eppure continua a riscuotere il medesimo successo della prima. Questa è la dimostrazione del fatto che la forza del personaggio risiede soprattutto nella sua importanza e centralità nelle dinamiche di gioco.
Lara Croft ha, per così dire, mostrato la via e, vent’anni dopo, sono molte di più le protagoniste dei videogame: eroine forti, indipendenti, intelligenti e realistiche. Da Elena Fisher di Uncharted a Ellie di The last of us, c’è una nuova generazione di personaggi femminili che si pone alla pari delle controparti maschili o addirittura al di sopra. Oggi anche un personaggio come la Peach di Super Mario ha avuto la sua rivincita: da fanciulla in pericolo è diventata una protagonista forte che sa difendersi da sola e non necessita dell’aiuto dei personaggi maschili del gioco.
Possiamo dunque notare una maggiore attenzione da parte degli sviluppatori nei confronti di una rappresentazione più varia e realistica del corpo della donna, anche se permangono alcune problematiche: per esempio, secondo alcuni sviluppatori, alle donne non è concesso invecchiare. Un caso emblematico è quello della “Namco Age Rule”, una regola non scritta secondo la quale i personaggi maschili del colosso giapponese Namco possono invecchiare serenamente da un capitolo all’altro, mentre quelli femminili vengono eliminati o sostituiti da versioni più giovani o senza età. Questo perché, ancora una volta, si pensa a soddisfare gli appetiti degli utenti maschi, considerati il target principale dei videogame. Un vero peccato, dal momento che le donne hanno dimostrato di poter essere nel videogioco qualcosa di più di un semplice oggetto delle fantasie maschili.