Dalla differenza sistemica tra videogiochi e sport alle tutele per i giocatori, professionisti e non, fino al problema principale della scena competitiva italiana, tanti i temi affrontati da Sergi Mesonero, capo della Federazione esports della Interactive Software Federation of Europe, nell’intervista rilasciata in esclusiva a Esportsmag.
La Liga de Videjuegos Profesional è uno dei più importanti Tournament Organizer europei. Nata in Spagna nel 2011 e diventata oggi il più seguito e importante circuito di videogiochi competitivi in lingua spagnola al mondo. Sergi Mesonero è stato la mente dietro ad un successo così travolgente per 12 anni e non sorprende che la Interactive Software Federation of Europe abbia deciso di appuntarlo come Head of ISFE Esports, cioè la Federazione Europea fortemente voluta dai più grandi publisher di videogiochi al mondo.
Un organo simile ricorda quelli presenti nello Sport, come Uefa o Fifa, ma Sergi Masonero ha le idee molto chiare sulla differenza sistemica tra videogiochi e discipline sportive: “Il dibattito sulla classificazione dei videogiochi come sport è in atto da molti anni e come esperti del settore vorremmo mettere tutti in guardia. Gli sport, infatti, non sono regolati da competenze proprie dell’Unione Europea ma ogni Paese ha le proprie leggi e regole. Lo scenario dei videogiochi competitivi è completamente diverso e ragionare a livello locale significherebbe privare molti attori e stakeholder di opportunità di confronto e di business. Inoltre gli sport non sono coperti da proprietà intellettuali mentre questo succede per gli esport: riconoscere i videogiochi come discipline sportive danneggerebbe l’intera scena europea e soprattutto i piccoli attori come squadre e giocatori”.
Per questi soggetti, però, servono tutele: cosa sta facendo l’industria dei videogiochi per proteggere i players? “Da una parte ci sono i sistemi dedicati ai gamer tradizionali: il PEGI determina l’età minima per usufruire di un dato titolo e si applica addirittura alle pubblicità dei giochi; a ciò si aggiungono controlli parentali, moderazione automatica e diversi sistemi per proteggere i più giovani da contenuti inappropriati. Passando invece ai giocatori professionisti, la domanda andrebbe probabilmente rivolta ai team che li impiegano”.
Esiste un piano condiviso per cercare di sviluppare la scena dal basso? “Credo che a livello industriale questo competa ai singoli publisher, impegnati a stimolare un ricambio generazionale nelle proprie community. L’aiuto che la maggior parte di questi soggetti sta fornendo a chiunque voglia investire nella scena è permettere di utilizzare proprietà intellettuali che hanno richiesto investimenti milionari e anni di sviluppo senza alcun costo”.
Per quanto riguarda l’Italia, quali sono i suoi consigli per vedere fiorire gli esport nel nostro Paese? “Il problema dell’Italia è sicuramente legato all’impianto legislativo regolante i concorsi a premi e il gioco d’azzardo. L’esport non appartiene a queste due categorie ma legalmente viene visto ancora come tale e c’è un’impossibilità concreta di investire risorse nell’ecosistema finché la situazione non verrà sbloccata. Sono convinto che grazie al lavoro di IIDEA questo risultato sarà presto raggiunto come successo in Francia nel 2017”.
Di seguito il video con l’intervista integrale a Sergi Mesonero, realizzata da Simone “Akira” Trimarchi, che con questo contributo inizia la sua collaborazione con Esportsmag: