Siamo stati alla nuova Gaming House degli Outplayed e ci siamo fatti raccontare come è nata e a cosa serve.
Gli Outplayed hanno aperto la loro gaming house a Milano e finalmente siamo riusciti ad andarla a vedere. Ci sono le postazioni per i team, i simulatori per il sim racing, una tv gigante per l’area relax e diverse stanze dedicate alla creazione di contenuti. Ai piani superiori, poi, ci sono gli appartamenti per i giocatori in visita perché la struttura è pensata per fare da base a ritiri e bootcamp delle squadre dell’organizzazione. Ma perché investire in una gaming house? Quali sono gli svantaggi e i vantaggi di una simile struttura? Lo abbiamo chiesto a Simone Benedetti, CO Founder e CEO di Outplayed Gaming.
Qual è il valore di una gaming house?
“É un asset fondamentale che ci siamo accorti di volere fin dalla fondazione degli Outplayed e di cui avevamo bisogno. L’anno scorso abbiamo aggiunto nuovi finanziatori al nostro gruppo e abbiamo deciso subito di investire su questo posto. Il primo valore aggiunto di una gaming house è di tipo sportivo perché è un grande vantaggio poter portare i ragazzi tutti nello stesso posto, anche per le finali online. Così eviti anche i problemi tecnici, soprattutto nelle finali importanti. Abbiamo giocatori da tutta Europa e ci è capitato di avere problemi di linea con chi si connetteva dalla Repubblica Ceca. Ora abbiamo una doppia linea con due provider separati.
Il vantaggio competitivo di una GH è notevole perché oltre alla linea possiamo far radunare i ragazzi e farli giocare su dei computer all’avanguardia. Come sappiamo, però, vincere non basta e avere un luogo fisico dove unire player e content creator è l’ideale. La community vuole di più, vuole conoscere i giocatori e avere un intrattenimento completo, non solo lato esports. In passato abbiamo dovuto noleggiare degli spazi per portare a termine i progetti di alcuni partner, cosa che ha costi indifferenti e può portare a problemi tecnici; avere tutto pronto, aggiornato e a Milano è l’ideale. Tutti i brand sono qui, questa città è più comoda per fare riunioni di lavoro ed è facile da raggiungere per giocatori e sponsor, è anche più costosa e complicata ma dà i suoi frutti. Da quando abbiamo aperto, anche la percezione degli sponsor è cambiata ed cresciuta. Abbiamo chiuso un accordo importante con HP proprio grazie alla Gaming House perché questa è una vetrina fenomenale per far vedere i prodotti”.
Avete in programma di aprirla al pubblico?
“Questo luogo nasce come sede privata perché per la maggior parte dei contenuti che creiamo è necessario avere uno spazio più intimo. Abbiamo scelto questo luogo, però, anche perché si presta molto all’apertura al pubblico e all’organizzazione di eventi, come le battle tra influencer. In futuro il contatto con il pubblico sarà sicuramente una chiave. Lo facciamo già con i social digitalmente e faremo delle challenge e dei tornei che hanno come premio una giornata qui per sperimentare la vita in gaming house”.
I giocatori possono vivere qui?
“Inizialmente la nostra idea, visto che abbiamo 15 team diversi, era di creare un’esperienza che tutti, a turno, potessero vivere. Qui sopra abbiamo degli appartamenti apposta per i player in visita che usiamo per bootcamp e finali ma in periodi che non superano le due settimane. Così possiamo dare ai player un ritmo preciso di alimentazione, riposo e risoluzione dei problemi e dei contrasti. Abbiamo già fatto un’esperienza in cui i giocatori hanno convissuto per 2 mesi giocando tutto un campionato insieme, però è stato molto stressante per loro. Da lì abbiamo deciso che sarebbe stato più strategico averli nella gaming house per tempi limitati. Così massimizzi i pro della convivenza (lo spirito di squadra e la collaborazione) e minimizzi i malus. Sono giovani ed essere coinquilini può creare frustrazioni e attriti sul lungo periodo”.
Come avete progettato lo spazio per soddisfare i bisogni sia dei pro player che dei content creator?
“La priorità nel nostro processo di selezione è stata avere degli spazi flessibili che fossero pratici per chi si allena e insieme comodi e appealing per chi crea contenuti. Anche i giocatori, se lavorano in un ambiente più tranquillo con chi è abituato a stare davanti a una telecamera, riescono ad aprirsi e a sbrogliare la loro timidezza. I proplayer non sono content creator e spesso sono personalità chiuse e non super socievoli (negli anni sempre meno, bisogna dirlo) però siamo riusciti a combinare questi due mondi. I brand sono felici se la squadra vince ma vogliono i numeri di visualizzazione e per quello servono i content creator. Avere un posto dove unire questi due mondi è fondamentale, questo si può fare d’ovunque ma qui abbiamo fatto un piano strutturale per massimizzarlo”.
Fateci vivere un giorno nella vita di un proplayer Outplayed quando è in ritiro alla gaming house
“Noi strutturiamo le giornate mescolando competizione e creazione contenuti. I ragazzi si svegliano alle 8, alle 9 fanno colazione e alle 10 iniziano le attività di creazione dei contenuti. Ogni volta che viene un team abbiamo uno o due contnent creator che li aiutano a produrre i materiali in scaletta. Vengono aiutati sotto tutti i punti di vista, soprattutto chi è più timido e non ha esperienza con la telecamera. Gli allenamenti, poi, seguono i due slot classici dalle 3 alle 7 e la sera, poi alle 11 vanno a dormire. Possono usare la palestra che abbiamo qui fuori e molti giocatori, soprattutto negli ultimi anni, hanno nel loro programma tanta attività fisica. Nelle finali di alto livello devono giocare anche 5 o 6 ore e avere un corpo sano e ben sviluppato aiuta molto. Nei bootcamp, poi, abbiamo consulenti e preparatori sia fisici che psicologici per dare ai giocatori un equilibrio tra corpo e mente. Vogliamo dargli metodo anche con l’aiuto degli psicologi che vengono a fare delle sessioni di mental coaching”.
Ai ragazzi piace vivere nella gaming house?
“È un’esperienza che tutti vivono come super positiva, per alcuni sembra una gita scolastica anche se sono al lavoro. Ci dicono tutti ‘quando possiamo tornare?’. Non abbiamo avuto feedback negativi perché abbiamo progettato esperienze sul breve periodo che massimizzano i pro e sradicano i contro. I content creator, poi, si stanno evolvendo grazie a questo posto, migliorano e crescono non solo sotto l’aspetto numerico ma anche nella qualità del lavoro. Prima preparavamo script e setup, ora sono più autonomi e imparano l’uno dall’altro”.