Pagano (QLASH): “il grosso problema è reperire professionalità”

“Gli esports sono una nuova industria, e oggi il grosso problema è reperire professionalità adeguate per questo mondo, che pone nuove esigenze a livello di education.” Luca Pagano, amministratore delegato di Qlash, una delle organizzazioni esportive più strutturate d’Italia, ha le idee su quelle che sono le primarie esigenze del mondo esports oggi, in Italia.
Pagano, uno degli ospiti del panel dedicato agli esports organizzato all’interno del Festival della Statistica e della Demografia, moderato da Alessio Crisantemi, direttore del nostro giornale e di Gioconews.it, ha iniziato da lontano, da una presentazione di quello è Qlash attualmente: “siamo una media company, abbiamo con noi tantissimi campioni, alcuni giovanissimi. Abbiamo Diego Campagnani, il Campione del mondo di Fifa20, Riccardo Romiti, uomo Red Bull e tra i migliori giocatori al mondo di Starcraft, e un sacco di altri giovani che non sono promesse, ma hanno già mantenuto le loro promesse. Attorno a questi ragazzi noi creiamo contenuti e organizziamo tornei, online e live”.
Pagano ha poi fornito qualche dato sull’ultimo periodo, caratterizzato dal lockdown dovuto alla pandemia. “Per noi è stato un periodo importante. Non c’era lo sport tradizionale e la tv non sapeva cosa raccontare, quindi i vari media hanno dato visibilità agli esports. Lo abbiamo visto nei numeri: tramite i serve Discord ai quali ci appoggiamo abbiamo visto un costante incremento del minutaggio di gioco, dai 9,7 milioni di minuti giocati di febbraio ai 16 milioni di marzo, quindi 26 milioni di minuti ad aprile e poi 30 a maggio. Con l’estate i numeri si stanno calmierando, ma sempre restando tra i più alti, perché ai giocatori piace giocare, e perché sempre di più i media danno loro spazio”.
Così che gli esports sono diventati anche grandi opportunità di business anche per aziende tradizionali, come le squadre sportive: “Come Qlash cerchiamo di fare da ponte, come abbiamo fatto ad esempio con Gazzetta, RCS. L’industria esports può essere paragonata a quello dello sport, dove ogni disciplina ha una sua audience specifica. lo stesso avviene per gli esports. I giochi mobile hanno una età media più giovane, i giochi di simulazione sportiva hanno un’età media più alta, e questa media con il tempo è destinata ad alzarsi, perché i giovani che diventeranno genitori inizieranno a condividere il videogioco, più ancora che il calcio o il basket. La base di amplierà e l’aumento della base porterà anche più spending power, oltre a una richiesta di comunicazione diversa”.
Ma prima di poter parlare di una industria consolidata occorre superare i tanti ostacoli che lastricano tutt’ora la strada degli esports, basati sopratutto su pregiudizi, anche se non è questo, per Pagano, il problema maggiore, oggi. Il Ceo di Qlash infatti lamenta la “carenza di professionalità adeguate per il mondo degli esports. E’ una industria nuova, a livello di education c’è una grande esigenza. Con Qlash abbiamo iniziato a fare delle attività con delle scuole superiori, la cosa che ci ha dato maggior successo è stato quando abbiamo fatto esperienza di alternanza scuola lavoro, insegnando ai ragazzi come creare un torneo, creare contenuto, trovare uno sponsor. Appena finito il corso ci è stato chiesto di farne altri, e in modo sistematico. La più grande soddisfazione è l’aver constatato che gli alunni più problematici era quelli più entusiasti dell’esperienza. Quella che è una grande opportunità per i giovani è una grande necessità delle aziende, e ciò significa tante professionalità ricercate e necessarie per fare crescere il mondo esports”.
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