Un bambino muore cadendo dal terzo piano, e nei titoli dei giornali “prende corpo l’ipotesi del videogioco”. Sempre la solita storia: mentre per gli inquirenti si tratta di una informazione tra le tante raccolte relativamente alla vittima di un reato, per i giornali il videogioco diventa subito il colpevole.
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A monte, purtroppo, c’è una notizia bruttissima: la morte di un bambino di otto anni che, inspiegabilmente, pare essersi gettato da una finestra dell’appartamento dove abitava con i genitori e il fratellino poco di grande. La notizia ha avuto un ampio riverbero trattandosi del figlio minore di un ex calciatore ed ex allenatore di calcio, Michele Bacis, ma è un dettaglio che riportiamo solo per dovere di cronaca.
Drammi come questo dovrebbero essere trattati con il massimo della cautela, per rispetto per la piccola vittima e per il dolore dei famigliari. Capita però che ad alcuni giornalisti piaccia sguazzare nel torbido, e giocare a fare il detective per dimostrare che “l’avevano detto” prima che ci arrivassero le Forze dell’Ordine.
Analizzando la documentazione stilata sulla base delle informazioni raccolte da chi ha effettuato le rilevazioni, il Pubblico Ministero decide cosa e come inserire nel Registro delle notizie di reato. Tra i vari modelli di questo Registro vi è anche il Modello 45, che comprende “atti non costituenti notizia di reato”. Si tratta di quegli atti che, come spiega il sito specializzato Diritto.it, “riposano ancora nel “limbo” della non sicura definibilità”. Si raccoglie ogni informazione, per cercare capire cosa abbia “causato” il fatto, ma a indagine in corso non è detto che tutto sia pertinente.
Dunque, quello che per il Pubblico Ministero è solo (almeno per il momento) una notizia di corollario, per i media generalisti costituisce già una prova. E ovunque si legge che “prende sempre più corpo lo scenario del videogioco finito in tragedia”.
Sia chiaro, non stiamo dicendo che il bimbo non possa essersi fatto influenzare dal videogioco (anche in tal caso il problema non sarebbe comunque il videogioco in sé), ma spetterà al Pubblico Ministero determinarlo, nel caso sia possibile, in qualche modo. Invece no, ai media generalisti piace spararla grossa, giocare al loro personale first person shooter e vincere facile. Perché, si sa, chi può essere tanto folle da non capire che la colpa è tutta di quelle stregonerie moderne che si chiamano giochi elettronici?
Così ecco che, per sostenere il palco, si inanellano una serie di strafalcioni che mettono a disagio chi anche minimamente conosce il mondo dei videogame: alcuni riescono a mettere assieme il videogioco (citato così, perché nessuno sa, al momento, a cosa stesse giocando il bimbo), la realtà virtuale e il tablet col quale il piccolo giocava, ignorando il fatto che realtà virtuale e tablet in realtà tanti legami non ne hanno. Un classico, insomma. Un rosario di strafalcioni e ignoranza che di tanto in tanto qualcuno torna a recitare, ogni volta sempre uguale. E anche questa, molto probabilmente, non sarà l’ultima.
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