Prince of Persia: The Lost Crown è un gran bel metroidvania fedelissimo alle radici della serie.
Dopo aver passato tre ore in compagnia di Prince of Persia: The Lost Crown, dopo aver battuto il primo grande boss e dopo aver scoperto i primi indizi del mistero che circonda il mondo di gioco, l’attesa per il rilascio di questo metroidvania si è fatta improvvisamente intollerabile. Il nuovo action platformer targato Ubisoft ci ha regalato del divertimento allo stato puro in un’atmosfera familiare, visto il nostro amore per la serie, ma comunque innovativa sia dal punto di vista del genere, sia del gameplay, sia dello stile artistico.
Dopo aver sventato un invasione al mitico regno di Persia, Sargon, uno degli immortali e il guerriero più potente al servizio della regina, viene mandato sul mistico monte Qaf, un luogo sotto un’inspiegabile maledizione temporale dove dovrà esplorare biomi, sconfiggere boss, trovare tesori e risolvere enigmi per scoprire cosa è successo e salvare la Persia. Essendo un metroidvania in 2D, gli strumenti che saranno a vostra disposizione sono i più classici, così come il metodo di progressione: per accedere alle aree successive avrete bisogno di nuove armi (come arco e frecce) o nuove abilità per poter superare una sezione di platforming prima inaccessibile. Il sistema dei potenziamenti, poi, è anche lui uno standard del genere: sulla vostra collana avrete un numero (espandibile) di slot in cui inserire dei talismani passivi che occupano più spazio in base a quanto sono potenti.
Il combattimento è principalmente corpo a corpo (l’arco non fa molti danni) e oltre al salto è fondamentale saper usare bene la scivolata, lo strumento con cui eviterete la maggior parte degli attacchi. C’è un sistema di checkpoint, di punti di teletrasporto e di stazioni per la ricarica della vita, insomma, tutto quello che abbiamo imparato ad aspettarci da un metroidvania. Il gioco, però, oltre a risultare familiare, innova in modo molto piacevole in tutti gli aspetti che abbiamo citato: in combattimento si sbloccano una serie di ultimate per fare più danno o curarsi; nell’esplorazione, il mescolarsi di salti e nemici è molto bilanciato, con miniboss e arene sparse per i percorsi; ci sono delle side quest e la progressione risulta sempre naturale con l’opzione di avere un esperienza più guidata o più incentrata sulla scoperta autonoma dei punti di interesse.
La magia di questo gioco, però, sta nella sua atmosfera, nel ritorno a quelle palette di colori, a quei costumi e a quei protagonisti dell’infanzia di così tanti videogiocatori. In più, The Lost Crown è completamente doppiato in farsi, un tocco di rappresentazione molto azzeccato di Ubisoft, e noi lo abbiamo giocato così, sottotitolato, per immergerci ancora di più. Non possiamo esprimerci sulla storia, lo sviluppo dei personaggi o la longevità delle formule in atto, per questo dovrete avere pazienza fino alla recensione, ma una cosa è certa: non potevamo smettere di giocare. La sfida messa in campo dagli sviluppatori è magistralmente calibrata per dare tante soddisfazioni agli amanti del genere e un meraviglioso senso di scoperta a chi è al suo primo impatto con questo tipo di giochi in 2D.
Lo scontro con il primo boss, la Manticora, è stato di certo il momento migliore del nostro playthrough perché ci ha richiesto di padroneggiare tutto ciò che avevamo imparato fino a quel momento in uno scontro multi-fase davvero adrenalinico. Questo leone alato con coda di scorpione ci ha davvero messo alla prova ma sconfiggerlo e sbloccare la sezione successiva del gioco è stato incredibilmente soddisfacente. Ora non possiamo che attendere il prodotto finito che, se riuscirà a mantenere lo stesso livello di coinvolgimento che abbiamo provato per tutta la sua durata, potrebbe già qualificarsi ai primi posti nella classifica dei migliori metroidvania del 2024.