di Massimiliano Dipasquale e Riccardo Lichene
Rainbow Six Extraction è un videogioco con 2 anime, non in conflitto o opposte ma intrecciate, l’una in attesa di farti scoprire l’altra. Già dal titolo Ubisoft vuole ricordare a noi giocatori che il suo nuovo sparatutto tattico PvE è nella stessa famiglia di Siege, ma è più un cugino che un fratello. Personaggi, armamenti e alcune meccaniche di gioco sono condivise, il resto è tutto nuovo.
Le due anime di Extraction sono proprio queste: un’esperienza pve per gli appassionati di Siege e uno sparatutto tattico contro l’IA a metà tra lo stealth e l’orda. C’è tantissimo da apprezzare nel nuovo titolo Ubisoft e proprio perché è destinato a due pubblici diversi abbiamo pensato che per recensirlo ci volesse un esperto navigato di Rainbow Six Siege e un game reporter generalista che ha approcciato Extraction avendo giocato a R6 una volta sola 5 anni fa.
Rainbow Six Extraction secondo un casual
(di Riccardo Lichene)
La mia prima impressione di Rainbow Six Extraction è stata molto positiva. Mi aspettavo uno sparatutto in modalità orda e invece mi sono ritrovato in un gioco di strategia vario, ben articolato ed emozionante. La premessa è semplice: un parassita di origini sconosciute ha attaccato l’America e “conquistato” alcuni luoghi da cui l’umanità è dovuta fuggire. Noi vestiremo i panni di un operatore (dal roster di R6 Siege) della REACT, l’agenzia incaricata di comprendere e sradicare questo parassita.
Comprendere prima di tutto perché il nostro compito di operatori non sarà quello di sconfiggere boss o bruciare nidi a suon di lanciafiamme ma di raccogliere dati: biopsie dei mutanti, dati sismografici, analisi spettrometriche e tanto altro. Ciascuno di questi incarichi (insieme ai classici salva l’ostaggio o uccidi un combattente élite) sarà uno di 3 obiettivi che ogni missione ci chiederà di completare.
L’approccio stealth è una scelta quasi obbligata perché, come dice lo slogan del gioco, più aumenti il rischio, più aumentano le ricompense. Ogni missione, infatti, è divisa in 3 sub-zone, ciascuna delle quali con un obiettivo e un possibile punto di estrazione. Se il vostro operatore ha perso troppa vita e non volete rischiare di farlo finire MIA (poi vi spiego bene) sarà meglio concludere la missione e incassare tutta l’esperienza accumulata.
Morire in Rainbow Six Extraction ha un costo elevatissimo: se un operatore finisce i suoi HP verrà avvolto nella stasis foam, una schiuma che lo salverà dai parassiti ma lo intrappolerà nella mappa. Durante la vostra missione successiva avrete la possibilità di salvare l’operatore disperso, fallire significa perdere una grossa quantità di punti esperienza che avevate raccolto durante la run precedente. Se un operatore torna gravemente ferito o fallite il suo recupero diventerà non disponibile e gli servirà del tempo per recuperare. Giocando altre partite e concludendole con successo oltre all’esperienza riceverete degli HP che lentamente guariranno i vostri operatori caduti o feriti.
Il gunplay è affilato, i gadget hanno ognuno la sua utilità e le mappe sono ben sviluppate; ho provato solo le tre di New York e San Francisco per questa prova visto che le location si sbloccano con la progressione dell’esperienza e aumentano progressivamente di difficoltà. Ci sono 30 livelli generali ognuno dei quali sblocca o nuovi gadget, o nuovi operatori o nuove mappe o, più avanti nel gioco, dei non meglio specificati contenuti classificati.
Se al gioco arriveranno tanti aggiornamenti quanti ne arrivano a Siege vedo per Extraction un futuro molto promettente anche grazie al fatto che è incluso in Game Pass, un fattore che al lancio gli darà un forte boost di giocatori. É divertente, è una bella sfida ed è perfetto per una serata con due amici. Io mi sono molto divertito anche in solo (la difficoltà si adatta al numero di giocatori) ma ho avuto difficoltà con il quick play perché molti giocano senza microfono e diventa difficile (per non dire impossibile) coordinarsi.
Rainbow Six Extraction secondo un veterano
(di Massimiliano Dipasquale)
Il passo è decisamente notevole. Dalla lotta al terrorismo ad una minaccia aliena che sta letteralmente distruggendo il mondo. Quando, però, arriva il momento di tuffarsi nell’azione la sensazione è piacevole. Ti senti a casa e non potrebbe essere altrimenti. Il feedback delle armi resta invariato, così come le abilità degli operatori (seppure riadattate, ndr) e il movimento dei personaggi stessi all’interno dell’ambiente di gioco. Tutto ricorda il fratello più grande, quel Rainbow Six Siege che tra alti e bassi continua a resistere sulla cresta dell’onda alla soglia dei sette anni. Del resto, la formula è stata vincente e continua ad esserlo: cambiare le carte in tavola avrebbe avuto poco senso, soprattutto alla luce di alcune meccaniche di gioco che seppur replicate dal vecchio Siege, si riadattano alla perfezione su Rainbow Six Extraction.
Il gioco a primo impatto è divertente, ma per una migliore esperienza (stiamo parlando di un gioco in modalità cooperativa, ndr) converrebbe sfruttarlo con il solito gruppetto di amici. La comunicazione e la coordinazione sono aspetti fondamentali. La mission degli sviluppatori, dunque, non si discosta per niente dal capitolo precedente. Siege ed Extraction sono legati da un doppio filo invisibile. Un fattore che, per i fanatici della serie, potrebbe essere utile a velocizzare il processo di apprendimento di questo nuovo videogioco. Passando al gameplay nudo e crudo, Extraction sembra essere molto divertente.
La componente stealth è ben fatta e la scelta casuale dei tre obiettivi serve a dare quell’imprevedibilità che appare vitale per non farlo diventare noioso. Un fattore, comunque, da tenere in considerazione. Per quanto Rainbow Six Siege e Rainbow Six Extraction siano simili, i giocatori che cercano l’azione del primo potrebbero rimanere delusi. Dimenticatevi “rush” nel site e “push” aggressivi, per usare due termini tanto cari ai giocatori di Siege: si rischia di compromettere l’esito della missione. Extraction è la sua variante silenziosa.