Red Bull Campus Clutch: l’intervista ai campioni italiani

I Novo CC rappresenteranno l’Italia ai mondiali del Campus Clutch: ecco come ci sono arrivati e che strategie hanno preparato

Dopo una travolgente vittoria sul palco del Lucca Comics and Games, il coach dei Novo CC Simone “Felox” Felisato, si è seduto con noi per una chiacchierata non solo sul traguardo appena raggiunto dai suoi ragazzi ma anche sul significato del Red Bull Campus Clutch (il torneo universitario di VALORANT più importante al mondo) e sulle aspettative per la fase mondiale che i membri della sua squadra disputeranno a Istanbul dal 22 al 24 novembre. Nel team dei Novo ci sono due atleti che già hanno assaggiato i mondiali universitari di Valorant, rhagee e Z3RO, che quest’anno tornano sul palco per tentare di uscire dalla fase a gironi e arrivare alle eliminatorie. Felox, che l’anno scorso era in squadra con loro, ha preparato una grande squadra che è stata capace di sbaragliare i Fuoricorso, il team guidato da coach JoYnt sconfiggendoli 3-0. Ecco la nostra intervista completa.

Com’è stato sollevare la coppa dei campioni italiani del Red Bull Campus Clutch?

“È stato davvero bello. Abbiamo avuto un percorso molto impegnativo per arrivare su quel palco. Abbiamo perso il primo qualifier, una sconfitta da cui ci siamo dovuti riprendere, e sapevamo che avremmo affrontato i Fuoricorso, degli avversari da non sottovalutare. Quella di Lucca non era una finale facile, tanto meno da vincere 3-0, e alzare la coppa è stato il simbolo di tutti il lavoro che abbiamo fatto. Quando abbiamo vinto abbiamo tirato un sospiro di sollievo”.

Che approccio avete usato prima in allenamento e poi in partita?

“Il primo scoglio da superare in fase di allenamento è stato trovare la possibilità di allenarsi tutti insieme, tra rhagee che lavora e i ragazzi del team di Novo che hanno i loro impegni, ci siamo sempre trovati di sera, dalle 7 alle 11, con una performance sempre relativa. Per questo i nostri risultati in scrim sono sempre stati non eccellenti. Sul palco, da riposati e concentrati, abbiamo fatto un ottimo lavoro con una performance che ha superato di gran lunga quello che facevamo in fase di allenamento perché eravamo tutti sul pezzo.

La strategia che ho usato è stata quella di minimizzare i nostri errori e massimizzare quelli degli avversari: è stata la chiave, soprattutto grazie alla nostra esperienza negli eventi dal vivo. La seconda mappa in particolare, Sunset, non era una mappa che avevamo pronta ma l’abbiamo portata a casa grazie alla disciplina”.

Che esperienza dell’edizione dell’anno scorso vi hanno aiutato di più in quella di quest’anno?

“A partire dalla costruzione del roster, abbiamo cercato di creare sinergia tra i giocatori, poi, l’iter di lavoro era già definito: abbiamo avuto gli stessi ostacoli dell’anno scorso nell’organizzazione e nella gestione ma la nostra esperienza nel performare dal vivo ci è tornata parecchio utile. Gli altri ragazzi non ne avevano altrettanta e si è visto, erano un po’ tesi, noi invece ci siamo divertiti sempre e comunque”.

La competizione ha visto un sacco di agenti classici con pochissime new entry, come mai secondo te?

“È stata una questione di veto in realtà, nelle altre mappe che avevamo preparato avevamo delle e competizione off-meta da proporre ma Ascent è una mappa dove non si può deviare dal prestabilito, su Sunset non eravamo preparatissimi quindi abbiamo improvvisato e su Split abbiamo puntato sulla standard a due duelist. Sulle altre mappe abbiamo composizioni più esotiche che speriamo di mettere in pratica nelle fasi finali”.

Avete portato i vostri main sul campo?

A livello di ruoli non deviamo molto dai personaggi su cui i giocatori si sentono a loro agio ma abbiamo dovuto mettere in pratica tanta flessibilità su alcune mappe, a volte usando due controller e rinunciando al sentinel. Cerco sempre di far rimanere tutti in comfort zone cestinando le composizioni dove le persone non si sentono sul pezzo”.

Qual è quella cosa che ti fa dire: “senza di lei non avremmo vinto”?

“A livello generale direi la disciplina, quella che ci è mancata nel primo qualifier. Su quel palco, dal vivo, invece, è stata l’esperienza. Nonostante fossimo on stage cercavamo di divertirci: l’altra squadra è entrata meno nel flow e hanno sentito molto la pressione. Noi eravamo sorridenti e ci siamo presi bene giocando: la disciplina ci ha fatto crescere.

L’altra cosa è stata la mia capacità di tranquillizzare i ragazzi. Quando ci siamo ritrovati in un momento in cui ci avevano preso 4 o cinque round di fila io ho chiamato il time-out, ho detto a Z3RO che i Fuoricorso stavano usando un playstile aggressivo per punire il suo Cypher facendo ritrovare i compagni con un uomo in meno. Gli ho detto di giocare indietro e lui si è messo al posto giusto e ha centrato tre colpi alla testa con la sherif facendoci vincere il round e la partita”.

Che aspettative avete per la finale di Istanbul e quali sono i team di cui avete più paura?

“Essendo usciti ai gruppi l’anno scorso puntiamo a superare quella fase e a portare l’Italia avanti nel torneo. Io sono una persona che va a step, prima mi sono concentrato sulla fase italiana per vincere il posto in finale, ora mi metterò a studiare le altre squadre. I team americani sono in assoluto i più pericolosi visto il loro sistema di esports universitari a livello nazionale e visti anche i risultati dell’anno scorso. I team egiziani, e del Medioriente in generale sono molto preparati, così come quelli del Sud America che hanno un modo di giocare molto diverso dal nostro. Comunque vada non posso non ringraziare i Novo Esports che ci hanno supportato in questo viaggio e ci danno lo spazio e il tempo per essere preparati, non vediamo l’ora di dimostrare cosa possiamo fare a Istanbul”.

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