Rise of the Ronin: prime impressioni sul samurai ottocentesco

Rise of the Ronin è un gioco con tantissimo potenziale che, però, deve fare molto per differenziarsi da Ghost of Tsushima.

Abbiamo provato le prime due ore di gioco di Rise of the Ronin e ne siamo rimasti piacevolmente sorpresi. Purtroppo, però, per riuscire a ritagliarsi la sua nicchia, il gioco del Team Ninja di Koei Tecmo dovrà fare molto di più per differenziarsi da Ghost of Tsushima.

Le premesse sono decisamente intriganti: è il 1853, l’anno in cui il Giappone è costretto dalle navi da guerra americane ad aprirsi al resto del mondo. Voi vestite i panni di un Blade Twin, un membro di una setta di combattenti e assassini legati a vita a un partner che vuole tenere il Paese del Sol Levante chiuso e prospero.

Rise of the Ronin: prime impressioni sul samurai ottocentesco

Dopo una missione andata male, perdete i contatti con il Blade Twin con cui siete cresciuti e con cui vi siete allenati per tutta la vita. Perduto anche il vostro villaggio dopo un attacco dello shogunato, vi ritroverete da soli, aggrappati a una notizia sospirata: il vostro gemello di lama potrebbe essere ancora vivo.

Qui inizia un viaggio attraverso le campagne e i villaggi attorno a Yokohama (dove le prime navi provenienti da fuori il Giappone hanno attraccato) che vi porterà a conoscere i vostri primi due alleati.

Rise of the Ronin: prime impressioni sul samurai ottocentesco

A livello di gameplay, infatti, l’innovazione più intrigante di Rise of the Ronin è che nelle missioni principali potrete fare affidamento su un alleato. Questo secondo personaggio combatterà al vostro fianco e potrete prenderne il controllo in qualunque momento. Così avrete a disposizione due loadout di armi primarie e secondarie (tra cui figurano fucili e pistole), stili di combattimento all’arma bianca e altri bonus legati alle abilità sbloccate. Il sistema che non vediamo l’ora di esplorare più nel dettaglio è quello legato alla parte ruolistica.

Il vostro personaggio ha quattro statistiche principali che, tramite punti esperienza dedicati, possono essere modificate per sbloccare abilità indispensabili alla parte narrativa. Per mentire, per esempio, serve sviluppare un tratto specifico, così come per ammaliare, convincere o minacciare. É un sistema più semplificato di quello dei grandi GDR ma è una piacevolissima aggiunta che ci ha calato ancora di più nell’azione.

Le classi di armi di Rise of the Ronin sono diverse e a ciascuna di loro sono associati più stili di combattimento efficaci contro determinati tipi di nemici o altre armi. Il combattimento usa un sistema piuttosto standard basato su una barra della salute e una della stamina che si consuma attaccando e parando mentre sono disponibili i classici contrattacchi per stordire gli avversari e infliggere più danni. Gli scambi di colpi di spada e fucile sono ragionati ma dinamici e non perdonano gli errori, soprattutto quando si affrontano i nemici “formidabili” che di solito fanno da obiettivo alle missioni.

I problemi iniziano ad arrivare quando si interagisce con la struttura a mondo aperto che, purtroppo, sa tantissimo di già visto. I villaggi e i quartieri di una città sono occupati da una non meglio identificata presenza nemica che sta a voi neutralizzare. Liberato un avamposto il viaggio rapido si rende disponibile e più rimuovete i briganti e i malviventi da un’area, più benefici ne trarrete. Non c’è nulla di originale in questo sistema e sembra messo lì, almeno nelle prime due ore di gioco, solo per occupare il tempo. Non possiamo che sperare che non il passare dei capitoli acquisisca un senso, una personalità e un obiettivo al di fuori del grind.

La storia originale e l’ambientazione affascinante, almeno all’inizio, non sono sufficienti per non descrivere questo gioco come “Ghost of Tsushima ma nel 1800“. Il sistema di combattimento è simile, la progressione è simile, l’open world è praticamente identico e molte altre piccole cose ci hanno dato (nelle prime due ore di gioco) un forte senso di déjà vu.

La buona notizia è che c’è ancora tanto da giocare prima di arrivare alla fine, nuovi compagni da reclutare e sistemi di progressione che non vediamo l’ora di esplorare. Il potenziale per diventare un universo narrativo unico, tratteggiato e divertente da giocare c’è, aspettiamo solo di vederlo realizzato.

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