In occasione della presentazione del Rapporto sugli esports in Italia di IIDEA abbiamo intervistato il suo presidente Marco Saletta per farci raccontare il 2021 dei videogiochi competitivi in Italia e la loro traiettoria futura.
Il comparto eSport in Italia ha smesso di fare i grandi balzi di crescita di un settore neonato, questo vuol dire che stiamo assistendo al consolidamento dell’industria?
“I numeri del settore eSport in Italia sono quasi gli stessi dell’anno scorso. Come abbiamo registrato nel rapporto sul valore del mercato dei videogiochi nel 2021, stiamo venendo fuori dalla fase pandemica e abbiamo più tempo per le attività outdoor quindi ci aspettavamo un fenomeno non di crescita. Quello a cui abbiamo assistito però è una cosa ancora migliore: il consolidamento del settore. Non abbiamo perso spettatori, contenuti o appassionati: si è consolidata la base degli spettatori anche senza le manifestazioni dal vivo che sono le preferite dai fan. Il fenomeno eSport si sta consolidando in un contesto in cui diventa sempre più un fenomeno intrattenimento a tutto tondo piuttosto che uno strettamente competitivo”.
In che direzione stanno crescendo egli eSport in Italia?
“Il settore mobile è quello che crescendo di più in assoluto. Anno su anno abbiamo avuto un +11% di fan che si sono intrattenuti su un fenomeno che, soprattutto in Italia, era considerato marginale. Il gaming però è molto globale quindi quello che succede nel resto del mondo arriva anche in Italia prima o poi, anche con un anno di ritardo. La cosa che ogni anno continua a sorprenderci è che i device mobile sono uno strumento sia per la visualizzazione sia per la competizione eSportiva. Sono un’ancora di connessione stabile tra i fan e le discipline che amano. Certo i generi che la fanno da padrone restano i videogiochi Sportivi seguiti da Battle Royale e FPS ma subito dopo arrivano i titoli mobile”.
Chi sono gli avid fan, i più invasati dei videogiochi competitivi?
“Gli avid fan italiani sono circa mezzo milione di persone, tra i 16 e i 40 anni che seguono gli eSport tutti i giorni. L’85% di loro li segue almeno da 3 anni e dal punto di vista del genere sono al 70% uomini con un età media di 28 anni (la stessa dello spettatore medio degli eSport). Il 40% di loro sono laureati il che riconferma il fatto che chi è avid fan ha un’istruzione superiore alla media italiana. Questo fa di loro un target di riferimento del reddito altospendente il che apre moltissime opportunità a livello di spnsor e di attivazioni per publisher, team e tournament organizer. Gli avid fan hanno un’alta propensione all’acquisto di prodotti specifici e sono molto concentrati sul mondo videoludico: tastiere, mouse, cuffie, hardware per pc ma anche merchandise abbigliamento. Sono un target molto appetibile per i brand e i team anche perché sfuggono ai media tradizionali e quindi sarebbero quasi impossibili da raggiungere altrimenti”.
Avete analizzato anche la relazione tra NFT e eSport, cosa avete scoperto?
“Abbiamo cercato di capire perché, eventualmente, un avid fan possa essere interessato ad acquistare nft nel mondo degli eSport. Tutti guardano alla popolarità di questo prodotto per posizionare il brand perché rappresenta una frontiera. Chi acquista un NFT nel mondo degli eSport lo fa perché ci vuole guadagnare ma non solo. In molti hanno dimostrato interesse nel possedere un oggetto unico all’interno dei videogiochi che amano e sanno che quell’investimento gli renderà qualcosa nel futuro. C’è poi il concetto di legame con un club o con una lega che i fan token riescono a concretizzare meglio di moltissimi altri gadget o abbonamenti”.
Cosa manca all’Italia per diventare un hub internazionale come Gran Bretagna o Svezia?
“Noi siamo diventati un paese, dal punto di vista della competizione, molto importante: esportiamo giocatori, esportiamo team e abbiamo un posizionamento competitivo molto forte. Per arrivare a ospitare i grandi eventi internazionali ci manca la forza di traino turistico legata al mondo dell’eSport. Noi vendiamo molto bene il nostro turismo artistico e sportivo ma non quello eSportivo. La storia ci insegna che dove c’è un evento i soldi si muovono. Mancano investitori forti per realizzare grandi eventi internazionali spettacolari e memorabili. C’è molto lavoro da fare da questo punto di vista e la pandemia non ha aiutato, ma ricordo Games Week con arene eSportive piene ogni giorno della manifestazione. So che il potenziale c’è. Infine, dal punto di vista legislativo, secondo noi manca una normativa specifica legata al mondo degli eSport che non preveda una regolamentazione come quella delle manifestazioni a premi perché dover pagare il 50% di tasse fa male ai montepremi nostrani e non attira dall’estero. Dal punto di vista organico il mondo degli eSport è cresciuto con le norme attuali e senza problemi. Tutti gli altri (a parte la Francia) si sono appoggiati alla normativa esistente per cui se una riforma è sempre auspicabile, non vogliamo normative veloci o tappabuchi che poi possano fare più danni nel lungo periodo”.