In Sonic Frontiers le limitazioni tecniche della Nintendo Switch danno qualcosa in più al gioco: un maggiore effetto nostalgia.
Si sprecano, ormai, i commenti sulle limitazioni tecniche della Nintendo Switch. Il suo hardware preoccupava già al lancio, nel 2017, e da allora non è certo migliorato. C’è un gioco, però, che sfrutta queste limitazioni tecniche per spingere ancora di più sul fattore nostalgia: è Sonic Frontiers.
L’ultima avventura del porcospino azzurro ha riscosso un discreto successo di critica e di pubblico compiendo un semi miracolo: far cambiare opinione ai recensori. Le prime immagini viste e le prime versioni provate hanno preoccupato la stampa nazionale e internazionale perché mostravano un open world vuoto e poco sviluppato. La versione definitiva ci ha dimostrato che non servono tante cose per divertirsi con Sonic, basta la velocità.
In 4k su un mega televisore o in 720p in modalità portatile sulla Nintendo Switch, Sonic Frontiers ipnotizza i videogiocatori catapultandoli in un flusso di turbo, salti, schivate, rotaie magnetiche e puzzle. Il mondo aperto è ottimamente disegnato per portare naturalmente il giocatore verso l’obiettivo successivo con qualche puzzle extra per raccogliere degli anelli in più. La storia è molto semplice e il combattimento è lineare, quello che conta è andare forte.
Raramente abbiamo incontrato un videogioco che riuscisse a cancellare con così tanta forza la nuvola di pensieri che occupa il retro della testa di chiunque. Sonic Frontiers ci riesce brillantemente anche grazie a un potente fattore nostalgia. Sparsi per il mondo di gioco, infatti, ci sono dei livelli lineari come nei Sonic in 3D del passato con ambientazioni ricchissime di dettagli e segreti da scoprire e tutte da affrontare il più velocemente possibile con tanto di timer.
La nostalgia colpisce fortissimo anche nelle ambientazioni spoglie e nella bassa resa poligonale dell’open world causate proprio dalle limitazioni tecniche della Switch. Le texture a bassa risoluzione e le animazioni non proprio fluide ci hanno riportato direttamente a Sonic Colors (2010) o addirittura a Sonic Adventure 2 (2001) due dei migliori titoli in 3D con protagonista il porcospino blu.
Molti di coloro che hanno provato la versione per console dicono che il gioco soffre di un leggero effetto pop-in ovvero quando, correndo a tutta velocità, alcuni oggetti del parkuor o dei semplici alberi vengono generati con un leggero ritardo comparendo (pop-in) all’improvviso nel campo visivo di chi gioca. Nel corso di un’intera campagna sulla versione Switch (circa 20 ore lasciando parecchi collezionabili indietro) le volte che abbiamo sofferto di pop-in si possono contare sulle dita di una mano.
C’è tempo per dare a Sonic grafiche da capogiro e texture da miliardi di poligoni. Sonic Frontiers ha un eccellente sistema di corsa, un combattimento intuitivo, dei livelli lineari vecchio stile in cui lottare contro il tempo e un sistema di progressione semplice e soddisfacente. Non gli serve altro. Immergendovi tra le sue isole e surfando sulle sue rotaie magnetiche vivrete un’esperienza autenticamente Sonic fatta di velocità ridicole e scenari stravaganti.
L’unico difetto che abbiamo riscontrato è che se avete, come noi, una Switch un po’ anziana con dei Joy-Con che tendono al drift, diventa faticoso dare al porcospino blu degli input abbastanza precisi da completare i livelli vecchio stile in tempi decenti. Passare a un pro-controller ha risolto il problema ma ha reso il gioco in mobilità un tantino più ostico.
Finché Nintendo non si deciderà a far uscire la Switch Pro o la Switch 2 di cui tanto si è chiacchierato, le performance del modello originale non cambieranno. Per la prima volta un titolo riesce a “sfruttare” le basse risoluzioni e la bassa potenza di calcolo della console per garantire un maggiore effetto nostalgia quindi noi non possiamo che raccomandarvelo. Sonic Frontiers sulla portatile della grande N non è bello da vedere ma è bellissimo da vivere e questo è tutto quello che possiamo chiedere (per ora) al porcospino blu.