The Plucky Squire: la recensione per tornare bambini

The Plucky Squire è un’ode alla creatività videoludica e il modo perfetto per tornare bambini con un videogioco semplice ma ispirato.

The Plucky Squire è la dimostrazione che ci sono ancora tantissime storie da raccontare nel mondo dei videogiochi e tantissimi modi diversi per raccontarle. Con una narrazione all’apparenza molto semplice, questo titolo riesce a far tornare bambino chiunque decida di affrontarlo tanto per il modo assolutamente giocoso in cui si sviluppa, quanto per le bassissime barriere di difficoltà che presenta.

The Plucky Squire, infatti, è un gioco molto semplice e in cui si fallisce di rado perché è raro che nei libri illustrati per bambini, che ne fanno da ispirazione, il protagonista fallisca o venga addirittura sconfitto. Il suo difetto principale, per noi, sono le sue troppe spiegazioni visto che gli enigmi, come i combattimenti, sono molto semplici: capire come usare le parole per modificare la struttura di un ponte o orientarsi tra la cancelleria di una scrivania è abbastanza intuitivo da non avere bisogno di troppi momenti che interrompono l’immersione nei tanti mondi di questo gioco.

Il punto forte di The Plucky Squire, infatti, è la sua incredibile versatilità: mondi in 2D (meravigliosamente illustrati), avventure in 3D, livelli da picchiaduro, da Jetpack Joyride e in tantissime altre salse tengono l’attenzione incollata allo schermo moltiplicando la meraviglia ad ogni istante. Questo gioco fa appello alla curiosità prima che alla sete di vittoria, all’ingenuità prima che alla competitività e alla gioia prima che alla sopraffazione del nemico.

Le vicende di Jot, il protagonista, hanno un sottofondo narrativo legato alla creatività, motore di ogni avventura che faccia appello al bambino dentro di noi. La sua semplice struttura di bene vs male viene rapidamente messa in discussione quando il male capisce di avere un vantaggio segreto sull’eroe, un modo per eliminarlo in toto dalla storia. La missione di Jot diventa, quindi, quella di tornare nel suo mondo e riprendersi il suo posto.

La metafora che noi vediamo sottoscritta a questa avventura è molto forte perché universalizza il messaggio di speranza indirizzato ai bambini tipico di questo genere letterario. Anche se il male (le difficoltà della vita) dovessero trovare il modo di rompere le regole del gioco (il più banale degli imprevisti), ci sono tanti modi, che ci si può inventare o che si può prendere in prestito dagli altri, per rimettersi in carreggiata e sconfiggere il proprio nemico.

Sarebbe bello se, anche nella vita reale, potessimo mandare al tappeto le difficoltà con braccia alla Pop-Eye o sbarazzarci di un ostacolo cambiando la parola di una descrizione. La bella notizia è che, per tutte le nove ore di durata di questo gioco, questa fuggevole emozione vi pervaderà e anche il più tragico degli scenari diventerà facile da superare come un livello del più classico dei platformer.

The Plucky Squire è un’opera che attraverso tanti generi, uno stile artistico ispirato, meccaniche intuitive (anche se con qualche tutorial di troppo) e una storia deliziosamente semplice, può far tornare bambino anche il videogiocatore più ingrigito dalla vita. Chi è alla ricerca non di una sfida al limite dei tempi di reazione, ma di un’avventura per riscoprire la gioia che un videogioco può regalare, semplicemente, non può lasciarselo scappare.

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