Lo streamer, meglio conosciuto come Just Ryuk, si è raccontato ai nostri microfoni in una lunga intervista.
Ex caster di Pg Esports per Rainbow Six, streamer e studente di doppiaggio. Mauro Barone, meglio conosciuto come Just Ryuk, è una delle personalità più poliedriche di Twitch Italia. I videogiochi, per lui, sono solo la punta dell’iceberg. Nel cassetto, infatti, ci sono tanti sogni da realizzare. Noi di EsportsMag lo abbiamo intervistato. A fare da collante, riflessioni e aneddoti inerenti al suo percorso professionale e alla crescita personale.
Mauro, Esportsmag è una testa esports, quindi non possiamo che cominciare da qui. Diverse stagioni da caster per il Pg Nationals di Rainbow Six e anche una finale da host. Da chi c’è stato in questo mondo, come giudichi il movimento in Italia?
“Il movimento in Italia secondo me è cresciuto parecchio negli ultimi anni. Quando io ho incominciato a seguire l’esports ero un ragazzo appena ventenne e vedevo poca professionalità, meno interesse e pochi soldi investiti. Nell’esports è giusto parlare anche di questo, perché purtroppo i soldi trainano la baracca. Del resto, sempre più personaggi celebri si stanno avvicinando a questo mondo e credo sia una cosa ottima per l’intero movimento. Da quando ho iniziato a fare il caster (per Pg Esports, ndr), quindi nel 2019, fino al termine di questa avventura nel 2021 ho visto un upgrade impressionante. Ho visto, poi, tanta gente appassionata e competente. Mi spiace aver lasciato l’esports, ma era una scelta necessaria per intraprendere nuovi progetti come il doppiaggio o il ruolo di presentatore”.
I videogiochi sono una costante nella tua vita, ma recentemente stai frequentando anche una scuola di doppiaggio. È stato facile trovare un equilibrio?
“Da ottobre 2021 ho iniziato a frequentare l’Accademia di doppiaggio a Pescara. Sono circondato da grandissimi professionisti. In sostanza, quelli che solitamente ascoltiamo in una qualsiasi serie televisiva. Mi sono iscritto all’Accademia di doppiaggio proprio per migliorare il mio parlato e continuerò a frequentare il corso anche durante il prossimo anno. Di riflesso la mia comunicazione verbale è migliorata notevolmente, ma non abbastanza e la mia ambizione è quella di arrivare un giorno a parlare davanti ad un pubblico che sia più ampio possibile. Ho scoperto di avere dei limiti proprio quando facevo il caster e non mi sentivo al top. Da ottobre ad oggi ho imparato tantissimo: dalle piccolezze che sono dietro la voce ai tecnicismi fondamentali. Rispondendo alla domanda, un equilibrio tra le mie passioni sono riuscito a trovarlo. Non è stato particolarmente complicato incastrarlo con il mio lavoro da streamer”.
A maggio 2019 hai deciso di fare coming out. Hai ricevuto, però, l’abbraccio più sincero da parte di tutta la tua community e non solo. Poter esprimere appieno la propria personalità deve essere la normalità, ma in alcune circostanze bisogna fare i conti con l’ignoranza e l’omofobia di piccoli esseri umani. Nell’esports, in ogni caso, ho notato che c’è maggiore integrazione. Perché secondo te l’omosessualità è ancora un tabù in alcuni mondi come, ad esempio, il calcio e non nell’esports o nei videogiochi?
“Inizio facendo questa premessa: non credo di avere le conoscenze adatte proprio dal punto di vista sociale o antropologico. Ci vorrebbero esperti di sociologia, psicologia e tanti altri settori per rispondere in maniera completa. Umilmente, però, provo a dare una mia risposta. Nel calcio l’omosessualità viene nascosta e c’è una difficoltà nel fare coming out. Gli appassionati di calcio sono tanti. Molto spesso sono persone che hanno vissuto epoche diverse in momenti diversi, momenti storici diversi, momenti sociali diversi, con mentalità diverse rispetto alle persone che vivono il mondo dei videogiochi. Nel mondo dei videogiochi c’è più apertura mentale sotto un certo punto di vista, perché la l’utenza è diversa. Secondo me ci sono più giovani, quindi più persone aperte mentalmente, più persone che hanno vissuto un’altra epoca. Un’epoca più social, un’epoca più di verità. Nel mondo ci sono infinite diversità, infinite sfaccettature e infiniti modi di vivere. Chi lavora nel nostro ambito l’ha capito. Attraverso i videogiochi, c’è uno spaccato più reale di quello che è il mondo. In The Last of Us, Ellie, la protagonista, è lesbica o ancora in Assassin’s Creed Valhalla puoi decidere di intraprendere una relazione con un uomo o con una donna. Lo sport e il calcio uniscono troppe persone che spesso rappresentano i lati peggiori. Spesso si sfocia in razzismo, omofobia e poco rispetto dell’altro. Nell’esports, invece, accade l’esatto opposto. Forse perché rappresenta, rispetto allo sport, una nicchia. Questo è il mio punto di vista, anche se ripeto è una domanda davvero complessa”.
Come streamer e creatore di contenuti, invece, hai preso una scelta coraggiosa che ti ha premiato: lasciare un canale che per anni è stata una colonna portante del gaming, ovvero Uagna. All’inizio c’era un po’ di timore nell’intraprendere questa nuova avventura in solitaria?
“Ho preso questa scelta coraggiosa nel gennaio 2019. Ho lasciato il gruppo Uagna, con cui sono cresciuto. Con loro ho mosso i primi passi all’interno del web, come comportarmi davanti ad una telecamera e le basi per montare i video. Una scelta difficile, ma avevo bisogno di stimoli maggiori. Poi cominciava ad espandersi Twitch rispetto a Youtube e non ho perso tempo: ho aperto il mio canale ufficiale sulla piattaforma viola. In questi anni i miei numeri sono cresciuti notevolmente. Ho quasi 80 mila follower che mi hanno permesso di vivere di questo e anche di collaborare con brand importanti come Samsung. Ovviamente non rinnego il mio passato in Uagna, ma con gli anni grazie alle esperienze ho aumentato le mie capacità”.
Da chi sfrutta appieno i social e ci lavora, hai l’impressione che all’esterno ci sia ancora un certo ostracismo nei confronti dei nuovi lavori digitali?
“Molti ragazzi della mia età non comprendono come io possa guadagnare e lavorare con i videogiochi. Non solo c’è un certo ostracismo nei confronti di questo mondo, ma c’è tanta ignoranza nel verso senso della parola. Ovvero, la stragrande maggioranza delle persone ignora la possibilità di guadagnare sul web. Siamo, però, in una fase di evoluzione. Ad esempio, anni e anni fa mai avremmo pensato di guardare dei film doppiati. Il doppiaggio agli albori era un lavoro relativamente nuovo arrivato per coprire un’esigenza. Molto spesso alla gente spaventa l’evoluzione. Questo sentimento prevale perché la gente preferisce non informarsi. Diversamente, riuscirebbe a capire che è un lavoro come tutti gli altri. Ogni lavoro, secondo me, poi ha i suoi pro e i suoi contro”.
E se dovessi scegliere un lavoro fuori dal mondo gaming?
“Mi piacerebbe sicuramente diventare un doppiatore di serie tv, anime, film e perché no anche videogiochi. Sarebbe bellissimo ascoltare la mia voce. Oltre a questo, conservo come dicevo prima, la mia passione da presentatore magari in tv. Il mio modello è Alessandro Cattelan, che per anni è stato uno dei volti di XFactor. Diventare come lui non mi dispiacerebbe affatto. Vedermi su un palco è ciò che mi farebbe stare bene”.