Videogiochi e violenza: l’University of London dice no

Nonostante la percezione pubblica, sempre più studi smentiscono una correlazione tra i videogiochi e la violenza nei giovani.

Molto spesso in occasione di sparatorie di massa, o mass-shooting se preferite la versione inglese, o violenze varie i videogiochi vengono tirati in ballo come uno dei fattori scatenanti, una causa delle azioni di determinate persone. Troppe volte abbiamo infatti visto titoli come Call of Duty o GTA essere additati come videogiochi violenti e responsabili di problemi di salute mentale o come potenziali strumenti di istigazione all’utilizzo di armi, in particolari negli adolescenti. Ma quanta verità c’è in queste affermazioni?

Lo stesso ex-presidente USA Barack Obama nel 2013 aveva chiesto più fondi governativi per incrementare la ricerca su una possibile correlazione tra videogiochi e violenza, anche per comprendere se alcuni titoli vadano limitati o sia necessario introdurre restrizioni in merito, nonostante già oggi in molti paesi come l’Italia esiste un chiaro indice che racconta se e quando un videogioco può essere utilizzato anche dai giovanissimi (il classico PEGI). Negli ultimi diversi studi hanno in realtà evidenziato come ci siano pochissime, se non spesso nulle, evidenze di legami tra i due mondi.

Oggi un nuovo studio condotto da Agne Suziedelyte, docente presso il dipartimento di Economia della City University of London, conferma quanto la letteratura accademica ha finora riscontrato, fornendo prove concrete degli effetti dei videogiochi violenti sul comportamento aggressivo dei bambini. Lo studio ha utilizzato dati provenienti dagli Stati Uniti; in particolare la ricercatrice ha esaminato gli effetti dei videogiochi violenti su due tipi di violenza: aggressione contro altre persone e distruzione di oggetti o proprietà.

Lo studio, pubblicato nel Journal of Economic Behavior & Organization, si è concentrato sui ragazzi americani dagli 8 ai 18 anni, ovvero il gruppo più propenso a giocare a questi videogiochi. La ricerca ha utilizzato metodi econometrici che identificano effetti causali plausibili dei videogiochi violenti sull’aggressività, piuttosto che semplici associazioni. Secondo la ricerca il tempo trascorso dai ragazzi a giocare a un nuovo videogioco ritenuto violento aumenta di 15-20 minuti al giorno (32-39% rispetto alla media), ma solo quattro o cinque mesi dopo l’uscita del gioco. Questi effetti sono più pronunciati tra i ragazzi più grandi (12-18 anni) e i giocatori regolari di videogiochi.

Al contrario, lo studio non ha trovato alcuna prova che la violenza contro gli altri aumenti dopo l’uscita di un nuovo videogioco violento (come riportato dai genitori). Tuttavia, in alcuni gruppi di bambini, ad esempio quelli più grandi o provenienti da famiglie di basso status socio-economico, i videogiochi violenti aumenterebbero significativamente il comportamento distruttivo. Tutti questi dati quale quadro generale ci restituiscono? “Presi insieme, questi risultati suggeriscono che i videogiochi violenti possono turbare i bambini, ma che questo disturbo non si traduce in violenza contro gli altri, che è il tipo di violenza di cui siamo più preoccupati. Una spiegazione probabile per i miei risultati è che si gioca ai videogiochi a casa, dove ci sono meno opportunità di aggredire gli altri, così come meno opportunità di rivolgere la propria attenzione verso attività che favoriscono atteggiamenti violenti, come bere e fare uso di droghe, e di avere contatti con altri ragazzi. Il meccanismo di sostituzione gioca quindi un ruolo importante. Questo effetto di ‘neutralizzazione’ è particolarmente importante per i ragazzi inclini a comportamenti aggressivi”, ha raccontato Agne Suziedelyte. 

Nel complesso i risultati di questa analisi forniscono un sostegno limitato all’introduzione di ulteriori restrizioni sulla vendita di videogiochi violenti. In definitiva potremmo dire che limitare l’accesso ai videogiochi violenti non ridurrebbe il verificarsi della violenza contro le persone. Da un punto di vista generale, altre questioni legate ai videogiochi oltre a quelle relative alla violenza dovrebbero essere considerate prima di imporre nuove regole sulla vendita dei videogiochi. Per esempio, altri studi dimostrano che non esiste un chiaro legame tra il tempo trascorso a giocare ai videogiochi e l’obesità infantile o che i videogiochi migliorano la capacità di risoluzione dei problemi.

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