Nel panel organizzato da Gn Media a We Make Future, a Rimini, i partecipanti si sono rivelati tutti concordi nel ritenere che al settore degli esports in Italia serva una regolamentazione, ma che sia snella e arrivi in tempi rapidi.
Servono soprattutto chiarezza normativa e certezze per chi investe. Questi i concetti chiave che emergono dal panel “E-sports e gaming: quali norme per garantire la sicurezza e la trasparenza?” realizzato da Gn Media nella giornata d’apertura di We Make Future, a Rimini, nell’ambito di un evento incentrato sugli scenari legati al presente e soprattutto al futuro globale dell’innovazione tecnologica, digitale e sociale, organizzato da Search On Media Group e vede come Main Sponsor la Regione Emilia-Romagna, con i patrocini di Regione Emilia-Romagna, Comune di Bologna, Agenzia Spaziale Italiana, Sport e Salute Spa, Invitalia, Assemblea Parlamentare del Mediterraneo e Conferenza delle Regioni e delle Province autonome.
Il panel, moderato dal direttore di Gioconews Alessio Crisantemi, ha visto tra gli altri sul palco l’onorevole Antonio Caso, membro della commissione Cultura, scienza e educazione della Camera dei Deputati, che ha illustrato la recente iniziativa che ha “portato gli esports in Parlamento per due giorni” e che sfocerà presto, probabilmente verso settembre, nella presentazione di un libro bianco degli esports. Nel corso della due giorni in Parlamento “sono state analizzate le varie possibilità a legislatura vigente”, continua Caso, e “quello che è risultato chiaro è la necessità di creare una figura ad hoc per questo mondo. Il legame con lo sport tradizionale c’è, e con la riforma del lavoro sportivo qualcosa può venire anche da quel fronte, ma come ci sono punti di contato ci sono anche tante divergenze”.
Secondo Caso “San Marino e Francia sono esempi da seguire“, nel frattempo in Italia procede il percorso che “personalmente mi ha portato a dialogare anche con membri di altri partiti. È già fissato un nuovo incontro, è un treno in corsa e dobbiamo salirci. La strada che dovrebbe essere seguita è chiara, non solo per regolamentazione e leggi, peraltro evitando di eccedere nella regolamentazione. Ma il problema oggi è anche legato a infrastrutture, finanziamenti, tanti sono i tasselli che devono andare assieme. Il lavoro da fare è questo, ma occorre farlo in modo rapido. Le cose da fare sono state individuate, basta farle velocemente”.
Vittorio Andrea Vaccaro, vicepresidente del Coni Emilia-Romagna, e direttore scientifico della Scuola regionale dello sport, sottolinea come “il mondo esport è sicuramente qualcosa di diverso, anche se molto simile al mondo sportivo. Diverso perché c’è un player in più, che sono i publisher. Ma nonostante ciò il nuovo regolamento sul lavoro sportivo che a breve entrerà in vigore può essere d’aiuto, se non altro per richiamare l’attenzione sul metodo”. Vaccaro spiega infatti che “ci sono stati ben tre decreti per far entrare in vigore il nuovo codice sportivo, ci auguruamo che non sia questo il metodo adottato anche dal mondo esportivo”.
“Come scuola regionale dello sport”, aggiunge, “abbiamo messo assieme la più importante ricerca fatta al mondo sullo sport, ma anche degli esports. Il mondo dello sport può essere la chiave: il 47 percento delle persone che praticano esports dicono che sono interessate anche allo sport, per questo”, chiosa Vaccaro, “lo sport può essere la chiave per portare una regolamentazione seria anche agli esports“.
Pare dal fatto che c’è una differenza sostanziale tra esports e sport anche Simona Lavagnini, Ip lawyer, partner di Lgv Avvocati Law Firm, presente al panel in rappresentanza di Iidea, l’associazione che degli sviluppatori di videogame italiani. questo il punto di partenza per arrivare a una regolamentazione. “C’è già una cospicua regolamentazione”, spiega, “anche da parte della Corte di giustizia che fa del ruolo del publisher un ruolo essenziale, rispetto a quello che avviene negli sport, dove ci sono delle regole di pubblico dominio. Nell’industria dei videogiochi c’è anche un continuo investimento per rendere migliori e più attraenti i videogame”.
Lavagnini ritiene “importante la risoluzione del parlamento Ue, che suggerisce come le regole non possano essere nazionali, ma sovranazionali. Anche sugli esports il Parlamento europeo ha detto che avvengono in ambito digitale, dove c’è una proprietà intellettuale che deve essere rispettata. Vi sono tuttavia degli aspetti di dialogo tra sport e esports” non da ultimo, per l’Italia, il dialogo iniziato con l’accordo stipulato tra Iidea e comitato promotore esport del Coni.
“L’obiettivo finale è che queste attività diventino veicolo culturale ma anche economico. Il mercato italiano deve poter competere ad armi pari con gli altri mercati, ma in Italia oggi il mercato è gravato da incertezza e da regole non adatte al sistema, per esempio quelle dei concorsi a premi, mentre a livello europeo le norme sono molto più leggere, pur restando tutele di minori e di consumatori in genere”.
“Dovremmo seguire quanto fatto dalla Francia”, conclude Lavagnini, “intervenire dove è necessario per chiarire la proprietà intellettuale. Chiarire che non si tratta di gioco d’azzardo, chiarire che non si applichino agli esports le norme sui concorsi a premio, trattandosi solo di un modo in cui viene applicata un’opera dell’ingegno. A cascata per quanto riguarda il lavoro esportivo Iidea ritiene che sia necessario garantire una flessibilità più ampia, e quindi garantire l’applicabilità di norme del lavoro attuali, ma anche con la possibilità d iavere contratti temporanei”.
Per Alessio Brusori, product manager & producer di Power Up Team, “l’aspetto più imparziale del settore è proprio quello economico. Oltre il 50 percento dell’aspetto economico è in mano a investitori e partner di marketing, e questo sottolinea l’importanza del settore, ma anche la credibilità che il settore devo acquisire verso questi player”. Tocca poi il tema dolente delle infrastrutture notando che “il 99 percento degli esport si basa su un internet stabile e veloce, ci sono tante città a livello europeo che sono rinate grazie agli esport, creando dei centri specializzati e questo offre tanti spunti anche all’Italia. A Bologna ci sono dei progetti che sarebbero pronti a partire, un sostegno istutizionale sarebbe importante“.
“E poi c’è la regolamentazione, che va dall’aspetto che l’esports non venga catalogato come gioco d’azzardo, che si creino delle routine, che ci siano nel team dei mental coach, che si faccia attività fisica, ma anche i visti per i giocatori stranieri che vengono a giocare nei vari team, la Francia su questo aspetto è molto più attraente, attirando i player più forti”.
“Ottimo quindi seguire l’esempio della Francia”, spiega Brusori, “dimostrando l’interesse che c’è verso gli esports attaccandoli ad altri eventi già di massa e poi creare un dialogo costante con Iidea che già si interfaccia con tutti i player del mondo esports”.
Hélène Thibault, partner Ip e technology dello Studio legale Tonucci & Partners riprende infine la questione della regolamentazione spiegando, per quanto l’Italia, che “è importante regolamentare il settore per dare sicurezza agli investimenti, ma l’eventuale regolamentazione deve essere parte di un lavoro più ampio, che riguarda la politica”.
“Il modello francese è partito nel 2016, ed è terminato in una scelta di regolamentare poche cose, e solo su quegli ambiti che richiedevano effettivamente una regolamentazione, come ad esempio i tornei e gli aspetti di contrattualizzazione, con un’attenzione ai minori sia per la partecipazione ai tornei che per i contratti”.
“Un’azione, quella francese, concretizzatasi in due soli decreti, precisi e concisi”, spiega Thibault.
“La Francia ha adottato un programma che ha intitolato proprio “strategia esport 2020-2025” con l’obiettivo di far diventare il paese un leader a livello europeo, con tutta una serie di azioni che sono destinate a rafforzare proprio il sistema degli esports, creando una serie di good practise e favorendo il lavoro dei vari attori”.
Un percorso importante che può essere un esempio anche per l’Italia, dunque. Tra i tanti aspetti l’avvocato Thibault chiude richiamando l’attenzione sul rispetto dei minori, “se non altro per l’immagine del settore, che poi si rispecchia nel business stesso”.