Non solo Djokovic in Australia: la polemica sul vaccino agli atleti, anche videoludici, arriva in Brasile.
Mentre in Italia, come riportato da diversi quotidiani, si parla di introdurre l’obbligo vaccinale per i calciatori dall’1 febbraio 2022 come termine ultimo di un periodo di transizione dalle nuove norme che entreranno in vigore il 10 gennaio e prevedono l’accesso agli impianti per gli sport di squadra solo ai vaccinati o ai guariti entro i sei mesi, dall’altra parte del mondo è esplosa la querelle sull’esenzione vaccinale ricevuta da Novak Djokovic per la partecipazione agli Australian Open che si giocheranno a Melbourne. Il numero uno al mondo nel ranking ATP aveva annunciato in pompa magna la sua partenza per l’Australia, salvo rimanere poi bloccato in aeroporto al suo arrivo con le autorità locali che non hanno approvato il suo visto.
Eppure non è solo il mondo dello sport a vivere momenti di tensione relativi alla situazione Covid19 e vaccini. Anche gli esports stanno sperimentando diverse problematiche, anche in questo caso in un paese che ha vissuto pesantemente il contagio da Covid19. Se però nel caso dell’Australia gli abitanti hanno sofferto soprattutto le rigide restrizioni imposte dal governo centrale e da quelli federali, il Brasile ha invece subito centinaia di migliaia di morti e decine di milioni di contagiati fin dalla prima ondata con il presidente Bolsonaro che ha attuato una politica poco restrittiva, arrivando quasi a negare la pericolosità del virus stesso. Come riportato da Internazionale a marzo 2021, “proprio come ha fatto il suo alleato Donald Trump, Bolsonaro ha ripetutamente cercato di minimizzare gli effetti della pandemia, prima definendola una ‘fantasia’ e poi una ‘leggera influenza’. Il 26 marzo, durante la sua diretta settimanale su Facebook, ha affermato: ‘Se un brasiliano si tuffa nelle fogne non gli succede niente’.”
Persino in queste ultime settimane, a quasi due anni di distanza da quelle parole, il presidente Bolsonaro continua a minimizzare il pericolo. Non solo un anno fa aveva affermato che non avrebbe fatto il vaccino ma ora, come si legge su Open, avrebbe già comunicato che non farà vaccinare nemmeno la figlia: “Non farò vaccinare mia figlia. Mia figlia ha 11 anni. La somministrazione dei vaccini ai bambini è in una fase iniziale, il mondo ha ancora dei dubbi e non ci sono morti tra i bambini che giustificano un vaccino d’emergenza.” Quasi un paradosso se pensiamo che è proprio in Brasile che Riot Games ha imposto la vaccinazione a giocatori e allenatori per poter partecipare a tutti gli eventi dal vivo.
Il publisher di League of Legends, Valorant e molti altri titoli ha trasmesso una nota in cui richiede il certificato di vaccinazione completa, quindi almeno due dosi per Butantan, Fiocruz e Pfizer, una sola per Janssen, per tutti i componenti delle varie squadre che dovranno partecipare agli eventi dal vivo, includendo quindi non solo i giocatori ma anche i membri del coaching staff. Un provvedimento che si applica al campionato brasiliano CBLOL di League, ai Valorant Challengers Brasile e al Wild Tour Brasile di Wild Rift. Nel caso della CBLOL, in cui è permessa la presenza del pubblico, gli stessi spettatori dovranno presentare il certificato di vaccinazione.
Come si legge su Globo “La prova del calendario vaccinale è una delle misure che, insieme ad altre che prevedono controlli, sanificazione degli ambienti e distanziamento sociale, mira a portare maggiore sicurezza e protezione a tutti coloro che sono coinvolti nella produzione e trasmissione dei campionati, che si disputano nelle strutture di Riot Games.” I campionati nazionali di LoL, Valorant e Wild Rift si terranno infatti dal vivo negli studi di Riot Games a San Paolo. E ancora: “Riot Games sta monitorando il numero di casi derivanti dalle nuove varianti, nonché dalle celebrazioni delle feste di fine anno, e potrà ancora modificare questa decisione fino all’inizio dei campionati. Per ora, vengono mantenuti i piani per lo svolgimento dei campionati in loco.”
Il primo ad averne fatto le spese è il coach argentino Rodrigo “Onur” Dalmagro, allenatore di Valorant che abbiamo imparato a conosciure nel 2021 all’interno dei Kru Esports, autori di una spettacolare prestazione ai recenti Champions di dicembre che li ha portati fino alle semifinali del primo storico mondiale organizzato a Berlino. Per il 2022 Onur aveva accettato l’offerta del team brasiliano dei Loud, con contratto già firmato e valigie chiuse. Nonostante fosse tutto pronto per l’inizio della propria avventura, le nuove restrizioni imposte da Riot Games e dallo stesso governo brasiliano contro i non vaccinati hanno costretto i Loud a rivedere la loro scelta. Una sentenza del giudice della Corte Suprema, tale Jorge Luis Roberto Barroso, ha infatti stabilito che chi entra nel Paese, a esclusione dei brasiliani residenti che devono fare ritorno in patria, dovrà mostrare un certificato di vaccinazione anti-Covid, invalidando di fatto i regolamenti precedenti emessi dall’agenzia sanitaria nazionale che richiedevano appena un test negativo nelle ore precedenti alla partenza.
Come si legge sul sito del Ministero degli Esteri ViaggiareSicuri, dal 16 dicembre è richiesto una sorta di passaporto vaccinale, misura di cui Onur si è ampiamente lamentato sui social creando imbarazzo nel management dei Loud, raccontando tutto il suo disappunto sul fatto che il governo Brasiliano avrebbe potuto impedirgli di rimanere nello stato. Onur era infatti riuscito ugualmente a sbarcare ma le autorità lo avevano successivamente contattato chiedendogli di esibire la certificazione per la vaccinazione completa: vaccinazione che Onur, a quanto pare, non possiede. Motivo che avrebbe spinto le autorità a espellerlo dal territorio nazionale. Lo stesso Onur ha raccontato: “I Loud hanno cercato di aiutarmi in ogni momento, anche quando l’espulsione era ormai un dato di fatto. Poi dopo la mia uscita pubblica sui social i Loud hanno deciso, anche per questioni di immagine, di interrompere la collaborazione professionale con me: una decisione che accetto e rispetto.”
Tra slogan del tipo “la libertà non trionfa” e le congratulazioni a Djokovic al momento dell’annuncio della sua partenza per l’Australia, il profilo Twitter di Onur sembra in realtà quello di un no-vax convinto. Talmente convinto che non sembra abbia intenzione di cambiare idea, nonostante abbia perso il lavoro. In una sua uscita sembra anche quasi contraddittorio: “I vaccini, soprattutto nei gruppi a rischio, sono necessari e un’ottima cosa. Ma i passaporti vaccinali no. Probabilmente perderò il lavoro solo per essere coerente con le mie idee e il mio pensiero. Non mi arrenderò.”
Un’uscita che ha inoltre suscitato anche le reazioni di personalità e figure dell’esports brasiliano, come il caster Gustavo “Melao” Ruzza che proprio su Twitter ha risposto ironicamente a Onur: “Divertiti nel tuo tempo libero e cerca di studiare un po’ ”, riferendosi senza troppi dubbi allo scetticismo del coach verso la scienza e i vaccini.