All’indomani della ratifica del protocollo interno al Coni torna in auge il tema degli sport elettronici alle Olimpiadi: che ci andranno, non subito e con varie limitazioni
Riusciranno gli sport elettronici ad approdare, prima o poi, alle Olimpiadi, come si discute da fin troppo tempo, dentro e fuori al settore? Si e no, si potrebbe rispondere sui due piedi. E ne spieghiamo qui le ragioni. La risposta (parzialmente) affermativa deriva dal fatto che, dopo i primi movimenti interni al Comitato Olimpico Internazionale (Cio) che avevano spinto le varie federazioni sportive nazionali (in primis, il Coni, nel nostro paese) a dedicarsi alla “materia” esports, chiamandole a ipotizzare un percorso di riconoscimento e magari pure di regolamentazione, nonostante le varie difficoltà emerse sul campo e le mille polemiche, l’idea non è stata abbandonata. Anzi.
Secondo quanto apprende EsportsMag da fonti istituzionali, l’intenzione è quella di portare gli sport elettronici (o, meglio, gli sport virtuali) già ai Giochi olimpici di Parigi 2024, ma in via sperimentale. Per poi far approdare la nuova disciplina nel medagliere a partire dalle successive Olimpiadi di Los Angeles 2028: e qui ci sarebbero altre valutazioni in corso, come l’ipotesi di creare un medagliere differenziato, ma comunque ufficiale, per non creare conflitti né malumori, ma questo è ancora tutto da definire e da discutere. In ogni caso, l’idea è tutt’altro che abbandonata.
La parte negativa nella risposta iniziale, invece, dispende dal fatto che, come noto, ad approdare ai giochi, in ogni caso, non saranno gli esports nel senso più ampio del termine, bensì i soli “sport virtuali”, come da definizione del Cio, che comprendono cioè esclusivamente i videogiochi che riproducono degli sport tradizionali. Quindi si tratta evidentemente di un sottoinsieme dell’ampio panorama degli sport elettronici i quali, anzi, racchiudono il maggior numero di utenti proprio nella parte diversa dalle simulazioni sportive.
In ogni caso, tuttavia, la strada che ci separa da Los Angeles è ancora lunga, e molto: c’è ancora quindi molto tempo, per il Cio e le varie federazioni nazionali, per valutare il da farsi e capire come modificare eventualmente il tiro, sulla base dei vari sviluppi che ci potranno essere attorno e all’intero dell’ecosistema degli esports e del videogame. Tenendo anche conto del ruolo (e delle pressioni) dei publishers e dei progressi o meno che nel frattempo si saranno potuti compiere nei vari stati in termini di regolamentazione.