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Le recenti misure prese dal mondo gaming e esports hanno meritato l’attenzione del governo ucraino.

Denis Monastirs’kij è l’attuale Ministro degli Affari Interni del governo ucraino, ancora sotto assedio per l’occupazione russa iniziata il 24 febbraio scorso. Dopo 22 giorni di guerra l’offensiva di Mosca non sembra accennare a fermarsi nonostante sul campo l’armata sia sostanzialmente bloccata su più fronti e lentissima in quei pochi luoghi dove riesce ad avanzare. Nel corso delle settimane si sono moltiplicate le iniziative a livello globale per cercare in qualche modo di punire l’aggressione bellica puntando sull’opinione pubblica russa. Non solo le sanzioni economiche ma anche il mondo dello sport a più livelli ha sostanzialmente cercato di isolare la Federazione Russa, escludendola da quasi tutte le competizioni, a partire della recenti para-olimpiadi di Pechino.

I giochi sono finiti

Non da meno anche il mondo del gaming e dell’esports ha fatto sentire la propria voce nelle scorse settimane con numerosi attori che hanno ad esempio escluso la Russia dal proprio mercato così come le organizzazioni professioniste dai vari campionati. Sull’argomento è recentemente tornato proprio il Ministro degli Affati Interni Denis Monastirs’kij che in un recente intervento ha voluto ricordare tutte le aziende che hanno preso una posizione in questa guerra, sostenendo di fatto il paese aggredito: “I giochi sono finiti: molti sviluppatori di videogame e organizzatori di tornei esports hanno deciso di stare con l’Ucraina, imponendo diverse sanzioni alla Russia.

Tutte le decisioni del gaming

In questo momento le restrizioni sono arrivate da Ubisoft che ha sospeso la vendita dei propri giochi, con titoli come Assassin Creed, Far Cry o Rainbow Six Siege, in Russia. Lo stesso ha fatto EA Games, inlcudendo anche la Bielorussia, mentre Steam ha inserito per i propri utenti di Mosca una capacità limitata di acquisare giochi e servizi. La piattaforma esports WePlay ha iniziato a bloccare gli utenti russi e ha annunciato che il torneo di Dota 2 Invitational Series di Dubai non sarà disponibile in lingua russa. Epic Games, il produttore di Fortnite, ha fermato le relazioni commerciali con Mosca, mentre Rockstar Games e Activision Blizzard hanno optato per la stessa misura messa in campo da Ubisoft, ovvero sospendere a tempo indeterminato la vendita dei giochi in Russia, mentre CD Project Red ha ritirato i proprio giochi.

L’esports non è stato a guardare

Come raccontato nelle scorse settimana, Esl ha escluso tutte le organizzazioni russe dalla propria Esl Pro League, competizione di Counter-Strike: Go. A essere state colpite dalla misura sono organizzazioni storiche e di primo piano come Virtus Pro, Team Spirit, Gambit Esports, quest’ultima costretta a lasciare anche il Valorant Challenger europeo. Il tournament organizer ha tuttavia lasciato libertà ai giocatori di poter giocare e continuare a competere nei vari tornei sotto nomi indipendenti e non collegati alla Russia, identica mossa permessa da Riot Games su Valorant. I Natus Vincere, una delle più importanti società esports ucraine, hanno invece interrotto ogni collaborazione con società di provenienza russa come RuHub, CybersportRu ed Epic Esports Events.

L’ottavo mercato al mondo

Le misure intraprese dal mondo del gaming non sono da prendere alla leggera: il mercato dei videogiochi russo è all’ottavo posto a livello globale in termini di entrate che nel 2021 sono state di 2,7 miliardi di dollari. Gli ultimi dati riportano che il 53% dei russi gioca regolarmente a videogiochi per PC, segnando di fatto un’importante segmento del tempo libero della popolazione di Mosca