PG Esports punta molto su Valorant e il suo impegno nella nuova Challengers League italiana lo dimostra.
Subito dopo la presentazione della Callengers League Rinascimento, il nuovo campionato italiano di Valorant, abbiamo fatto qualche domanda a Marco Soranno, Esport Product Manager di PG Esports che ci ha spiegato qualche dettaglio in più sull’imponente progetto che partirà il 21 gennaio. Ecco la nostra intervista completa.
Qual è, nell’ecosistema di PG Esports, il peso di Valorant?
Valorant ha un peso molto alto per noi, è stato un investimento deciso da tutta PG Esports in maniera coesa perché crediamo molto in questo titolo. Crediamo che nel prossimo triennio abbia la possibilità di diventare un titolo di punta in tutta Italia a livello di ore guardate in streamning. È un investimento tutto nostro, molto forte, a livello di tempo e di denaro ma noi ci crediamo davvero e siamo consapevoli che ci vorranno 2 o tre anni per farlo crescere ma questo non è un progetto a breve termine, siamo consapevoli che Valorant sarà uno degli esport del futuro.
Una parte dell’appeal di questo ecosistema sta nella sua internazionalizzaizone, che benefici ne trae PG Esports?
Ci sono due cosa importanti da dire. La prima è che il fatto di essere internazionali è una caratteristica delle proprietà intellettuali e dei tornei di Riot Games. Quando investiamo su League of Legends o Valorant, in questo caso, noi cerchiamo un valore aspirazionale e questo sentimento deve essere al cuore delle nostre competizioni. Essere “semplicemennte” il campione italiano di una disciplina non ha senso se quella vittoria non è la via per una squadra o un giocatore per andare più in alto. In Valorant questo è ancora più vero perché dal campionato nazionale si può arrivare a quello continentale e persino ai mondiali. Per PG questo vuol dire mettere in piedi un ecosistema con basi molto forti e quindi creare valore non solo per la scena del singolo titolo ma per tutto il mondo esport quindi giocatori, organizzazioni, sponsor e spettatori. Poi, posso dirvi in anteprima, che noi gestiremo e cureremo il broadcast anche alcuni di quei prodotti internazionali in cui le nostre squadre migliori andranno a competere. Dobbiamo ancora confermare quanto e quali ma daremo all’audience quanto più contenuto di qualità possibile a tema Valorant seguendo anche il percorso della squadra italiana che ce la farà.
Qual è il ruolo dei team internazionali? Come mai avete accettato le proposte di team che provengono da fuori dall’Italia? Immagino abbia causato qualche tensione.
Non è stata una decisione facile. È importante sottolineare che non c’è nessun limite all’accettazione di una squadra straniera in un circuito nazionale. L’esport è molto più delocalizzato dello sport tradizionale, basta guardare a Fnatic che avevano una squadra di Rainbow Six in Giappone. Esere una squadra del campionato itliano significa rispettare le nostre regole quindi la squadra che abbiamo accettato si è resa disposnibile ad accettare tutte le richieste che abbiamo fatto tra cui, sostanzialmente, aprire una sede in Italia. Per noi avere il brand esportivo numero un Grecia (che ha fatto application perché in Grecia non c’è una Challengers League) è una win win situation per noi e loro: noi vogliamo raccogliere l’audience di un paese molto affine a noi come la Grecia, loro vogliono affacciarsi a un mercato ancora più internazionale e raccogliere fanbase in Italia.
Per quanto riguarda il formato, quanto avete avuto parola nel definirlo con Riot?
Abbiamo avuto delle molte idee creative nel corso della progettazione ma alla fine ha prevalso una volontà di allineamento alle linee guida esistenti. Siamo i nuovi arrivati e non hanno aiutato le tempistiche di organizzazione (perché abbiamo iniziato a lavorare a questo prodotto a fine ottobre). Il 2023 sarà un anno particolare, una sorta di anno pilota per Valorant e sarà un anno di transizione. Nel 2024 i calendari si allenteranno un po’ fortunatamente. Questo formato viene direttamente da League of Legends per cui potremo sperimentare dei playoff più competitivi ma quest’anno non c’era il tempo materiale. Il formato che abbiamo scelto ci fa sentire sicuri di aver fatto una scelta equa che darà anche spettacolo.
Vedremo Valorant dal vivo nel 2023?
Sarà difficile, ci proveremo ma la nostra priorità è creare una scena sostenibile. Abbiamo investito tanto per avere un buon primo anno e creare dei benchmark per delle sponsorizzazioni. Sicuramente non nel primo split ma nel secondo proveremo a capire se ci sono delle opportunità concrete. Posso dirvi che ci lavoreremo molto più approfonditamente nel 2024 dove il calendario più lasso ci potrebbe permettere di unire Valorant e LoL nella stessa location attirando più fanbase.
Come è nato il brand Rinascimento?
Noi abbiamo avuto voce in capitolo sul nome (Valorant Challengers Itali ce lo impone Riot Games), il loro, il colore e il motto. Il processo è stato abbastanza lungo e ha richiesto molte energie. Ci sono venuti in mente tanti temi forti di cui però non eravamo sicuri nell’efficacia di riunire l’Italia. Rinascimento riunisce tante cose che ci stanno a cuore come il fatto che crediamo che il popolo italiano sia unito dall’arte e dalla cultura, delle cose di cui ci vantiamo un po’ tutti all’estero. Al concetto del rinascimento si è, poi, unito un messaggio: la rinascita dell’esport, la irinascita e la rivalsa, la progressione dell’Italia degli esports che vuole emergere e non essere più un “semplice” paese europeo.