L’azienda Riot Games e il suo ceo sono stati assolti dal tribunale per infondatezza del reato di molestie sessuali.
È stata la stessa Riot Games a condividere sui propri canali ufficiali l’esito della causa intentata da Sharon O’Donnell contro l’azienda, che si è conclusa con l’assoluzione del publisher e del suo Ceo Nicolo Laurent per infondatezza delle accuse. Una sentenza che va a confermare l’indagine commissionata dal Board of Directors della stessa Riot a un terzo profilo indipendente.
L’inizio della causa
Le prime accuse di sessimo all’interno dell’azienda erano nate nel 2018 con un report giornalistico presentato su Kotaku che raccontava dell’esistenza di una vera e propria “bro culture” aziendale con comportamenti maschilistici e sessisti che partivano dagli stessi vertici e arrivavano fino ad alcuni dipendenti. Il Dipartimento di stato del Fair Employment and Housing aveva poi successivamente raccolto le testimonianze dei numerosi impiegati e impiegate che avevano lavorato per Riot Games dal 2014, arrivando alla conclusione che le persone coinvolte fossero circa 1065 donne dipendenti e 1300 donne di agenzie esterne.
Per questo primo filone di indagini Riot Games aveva annunciato a dicembre 2021 di aver raggiunto un accordo economico con la controparte per la risoluzione della causa che vede il publisher videoludico coinvolto in quanto reo di non aver vigilato e anzi aver avallato comportamenti discriminatori e molestie sul luogo di lavoro, in particolare verso le dipendendi donne dell’azienda. Riot Games ha accettato di pagare 100 milioni di dollari: 80 andranno alle donne che hanno subito tali comportamenti, mentre 20 miloni saranno destinati al pagamento delle spese legali ed emolumenti vari.
Il caso Sharon O’Donnell
L’altro filone giudiziario era stato invece aperto da Sharon O’Donnell, ex dipendente di Riot Games in qualità di assistente esecutivo del Ceo Nicolo Laurent. La donna aveva portato in tribunale la società e il suo amministratore delegato sostenendo di essere stata vittima di molestie sessuali e discriminazione di genere che hanno portato al suo licenziamento. Secondo le accuse Laurent avrebbe creato un “ambiente di lavoro ostile” assumendo una serie di comportamenti scorretti e facendo avances sessuali indesiderate. O’Donnell aveva inoltre affermato di essere stata privata di qualsivoglia ruolo di responsabilità quando ha respinto queste avances, finendo per essere licenziata nel luglio 2020.
Oggi tali accuse sono state ritenute infondante dal tribunale, assolvendo Riot Games che ha però sottolineato nel proprio comunicato che “in Riot non c’è posto per molestie o discriminazioni di alcun tipo e continueremo a lavorare per garantire che il nostro ambiente di lavoro rimanga sicuro e inclusivo”. Al tempo stesso “è anche importante affermare che non tollereremo accuse maligne contro l’azienda o i singoli Rioter, e le combatteremo con la massima convinzione, anche se questo significa passare anni in tribunale. Questa causa opportunistica non solo ha avuto un impatto negativo su Riot e sui nostri team, ma ha causato un grande dolore alla famiglia di Nicolo. Nicolo sta valutando attentamente le sue prossime mosse, comprese le potenziali azioni legali, e noi lo sosteniamo in questi sforzi”.