Dopo l’annuncio del ritorno della famosa skin “Pink Mercy” da parte di Blizzard, alcuni fan sono particolarmente arrabbiati ma è una questione di speculazione.
Il fenomeno della compravendita degli account nei videogiochi online esiste da sempre. C’è chi esplora i mercati neri della rete perché vuole un personaggio di alto livello, giocare al top delle classifiche competitive senza fare la scalata o mettere le mani su elementi cosmetici non più disponibili.
Uno dei casi più famosi di quest’ultimo esempio è la skin Pink Mercy, per una delle eroine simbolo dello sparatutto Blizzard Overwatch 2. Questa personalizzazione, disponibile per un periodo limitato nel 2018, ha fatto schizzare il valore degli account che l’hanno acquistata da un minimo di 250 dollari a un massimo di oltre 2000 nel caso altre skin di valore fossero incluse.
Questa skin è stata originariamente pensata per devolvere i suoi interi proventi alla Fondazione per la Ricerca sul Tumore al Seno e ha riscosso un grandissimo successo al lancio. La donazione che Blizzard ha fatto dopo questa campagna, 12,7 milioni di dollari, è stata al tempo la più grossa mai ricevuta dalla fondazione.
Con il naturale ricambio dei giocatori dello sparatutto, però, la skun è diventata sempre più rara ed esclusiva, cosa che ne ha fatto salire il valore. Pochi giorni fa, però, Blizzard ha annunciato una nuova campagna di raccolta fondi per la Fondazione per la Ricerca sul Tumore al Seno che vede il debutto di una nuova skin per Mercy, chiamata Rose Gold, e il ritorno della ricercatissima Pink Mercy.
Le due skin saranno acquistabili insieme o separatamente dal 25 giugno al prezzo di 19,99 euro la prima e 14,99 la seconda (lo stesso del debutto nel 2018), con tutto il ricavato che andrà a finanziare la ricerca. Inutile dire che molti possessori della Pink Mercy originale non sono stati contenti dell’annuncio, nonostante sia per una buona causa. Già nelle due ore successive alla notizia, infatti, gli account in vendita con questa skin sono crollati di valore visto che la domanda verrà ampiamente soddisfatta dallo shop di gioco.
Speculare su un bene desiderabile poco disponibile sul mercato è una pratica che esiste dall’alba dei tempi e non dovrebbe sorprenderci il fatto che questa cosa avvenga anche nel mondo degli esports, basta chiedere a qualunque collezionista di skin di Counter Strike. Il fatto che alcuni lamentino il ritorno di una campagna benefica perché i loro account di Overwatch hanno perso un po’ del loro valore, tuttavia, è un esempio di pura e semplice avidità.
Quando un videogioco fa beneficienza dovremmo tutti esserne contenti visto quante aziende cercano di spremere i loro giocatori fino all’ultimo centesimo per poi dare quei soldi ai loro investitori. Ci fossero levate di scudi paragonabili a questa quando la modalità new game + di un videogioco viene messa come DLC, per esempio, sicuramente avremmo un industria del gaming diversa.